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La moneta unica resisterà appesa al voto irlandese

La crisi del debito sovrano dei paesi periferici della zona euro è esplosa all’inizio del 2010 perché la Grecia era in oggettive condizioni critiche di finanza pubblica ma anche perché la signora Merkel decise di usare il caso greco per una sceneggiata elettorale che pochissimo le rese in termini di voti, e moltissimo è costata all’intera Europa. Essa si è propagata poi all’Irlanda, le cui disperate condizioni di finanza privata hanno indotto un intervento a salvataggio delle banche da parte del governo irlandese che ha messo al tappeto la finanza pubblica. La crisi si è poi ripercossa sul Portogallo, il cui principale problema è come per l’Italia un ristagno produttivo pluriennale, infine ha contagiato la Spagna, che soffre per l’esplosione di una gigantesca bolla edilizia ma che ha tuttora un debito pubblico assai più in ordine di parecchi paesi del Nord. La crisi lambisce anche l’Italia, la cui finanza pubblica soffre per una pregressa accumulazione di debito per la quale dobbiamo ringraziare innanzitutto coloro che ci hanno governato negli anni 80 e i loro successori, incapaci di far ripartire la crescita dell’economia e di far pagare le imposte a chi le evade.
Per tutti questi paesi la condizione essenziale perché resti un barlume di speranza nella ricreazione di condizioni di sostenibilità della finanza pubblica è che i tassi di interesse della Bce e specialmente della Fed restino ai livelli minimi ai quali sono stati portati da una creazione di liquidità imponente e dai decisi interventi di salvataggio delle autorità economiche nazionali e internazionali. E’ diffuso il sospetto che i mercati, di fronte al pluriennale protrarsi della convergenza tra i tassi nazionali nella zona euro, malgrado le evidenti condizioni di maggior debolezza dei paesi del Sud, abbiano voluto, approfittando delle intemperanze dei politici tedeschi, forzare una robusta riapertura dei differenziali, onde godere di profitti adeguati su titoli pubblici privi di effettivi pericoli di insolvenza. Ora la divergenza è stata ricreata ed è destinata a durare. Conviene ai creditori, che hanno aumentato i propri introiti sui debiti sovrani e che sanno che sarà quasi impossibile che l’euro si sfasci e che il rischio implicito evidenziato nei nuovi tassi sui titoli dei paesi periferici si trasformi in perdite effettive per la sopravvenuta insolvenza dei debitori sovrani del Sud Europa.
Sarebbe un gioco delle parti passibile di durare a lungo, ma può essere trasformato in un rischio effettivo se l’esito delle elezioni irlandesi di primavera dovesse rendere necessaria una coalizione che ripudiasse il debito. La classe dirigente di Dublino facendo dichiarazioni scervellate quanto quelle della Merkel, potrebbe benissimo far precipitare la situazione oltre il riparabile trascinando nel baratro non solo i debitori ma anche le banche di Germania e Gran Bretagna.

Fonte: Affari e Finanza del 20 dicembre 2010

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