• martedì , 3 Dicembre 2024

Una tassa politica per ridare fiducia

Undici Stati dell’Unione europea su 27 hanno aderito al progetto di tassare le transazioni finanziarie. Italia e Spagna, che negoziavano l’adesione in cambio del rispetto tedesco degli impegni presi sull’unione bancaria, hanno dato il via libera ieri quando la maggioranza necessaria al varo di una cooperazione rafforzata tra un’avanguardia di paesi era di fatto raggiunta.
La cosiddetta Tobin tax non è affatto una tassa facile da applicare e nasconde aspetti tecnici piuttosto pericolosi, ma il suo significato politico per il futuro europeo potrebbe essere potente.
I limiti tecnici della cosiddetta Tobin tax sono evidenti: per non essere aggirabile dovrebbe essere una tassa globale, ma gli Usa non hanno aderito. Avrebbe dovuto essere almeno europea, ma la Gran Bretagna ha negato l’accordo. La base imponibile europea è d’altronde per il 70% a Londra.
È possibile che questa quota, che sfugge all’accordo, aumenti proprio per l’elusione della nuova imposta. Il mercato finanziario europeo rischia così di segmentarsi più di quanto già non sia. Le transazioni, in particolare sui derivati e sui cambi, rischiano poi di spostarsi su piattaforme non regolamentate o over the counter in grado comunque di influenzare i prezzi anche dei mercati dei paesi che applicano la tassa. Si creerebbe un cyber-mercato con operazioni bilaterali prive di regole a beneficio proprio delle grandi banche che si vorrebbe disciplinare. Dal punto di vista del prelievo fiscale, sarebbe stato consigliabile procedere piuttosto con una tassa sull’inquinamento (una carbon tax), più equilibrata e realizzabile.
Tuttavia l’obiettivo politico della cosiddetta Tobin tax è quello di riportare al centro del dibattito europeo la responsabilità nella crisi del sistema finanziario. È fondamentale farlo in modo costruttivo perché in questo momento l’Europa avrebbe più bisogno che mai di un mercato finanziario dinamico ed efficiente. La Tobin tax va presa quindi come un’opportunità per ripensare le origini della crisi europea, troppo sbrigativamente liquidata come un problema di paesi periferici indebitati, e per ricostruire su basi più solide il mercato creditizio.
La forza politica della Tobin tax infatti è dovuta al fatto che da un lato intercetta il sentimento di ingiustizia diffuso tra i cittadini riproponendo il tema della responsabilità della crisi. Dall’altro lato essa rappresenta un nuovo strumento fiscale europeo omogeneo che apre la strada a una personalità fiscale attiva dell’area euro in grado di distribuire reddito, come un governo federale, e non solo di limitare i bilanci pubblici nazionali.
Se si pensa che i due paesi promotori, Francia e Germania, stanno anche proponendo un nuovo bilancio o fondo comune per l’area euro, si vede che la direzione verso un governo economico dell’eurozona sta prendendo forma. In linea di principio, grazie alla nuova “capacità fiscale”, l’euro area potrebbe assolvere tutti i tre compiti classici della politica fiscale: stabilizzazione, allocazione delle risorse e, attraverso la nuova tassa, anche redistribuzione. La realizzabilità tecnica del nuovo fondo, di cui non esiste nemmeno una bozza formale, e della tassa sono per ora dubbi. Ma, con uno sforzo di buona volontà, va riconosciuto che il loro significato politico è profondo e, se si eviterà di spaccare l’Unione europea, la direzione è corretta.

Fonte: Sole 24 Ore del 10 ottobre 2012

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