• martedì , 10 Dicembre 2024

Si sono arresi alla parte sbagliata

Il Pd ha sprecato l’opportunità di aver la maggior forza parlamentare, sia per errori tattici, sia per l’impossibilità di seguire una strategia unitaria quando, per peccato originale, manca una base comune. Poteva almeno rendere la sua resa utile a una svolta per il paese e ha sprecato anche questo. Le responsabilità di Napolitano e di Grillo. Cosa serve per ricominciare
“Arrendetevi!”, gridava Grillo, e sembrava l’ennesima iperbole velleitaria del caudillo della cosiddetta “antipolitica”. Invece è proprio quello che è successo. Il Pd, uscito dalle elezioni come primo partito e con il maggior numero di parlamentari, alla fine si è arreso. Ma per non negarsi neanche l’ultima assurdità si è arreso alla parte sbagliata, quella che segna la sua fine come partito progressista, se mai lo è stato davvero. Confermando per l’ennesima volta che gli ex comunisti (siano in un partito o al Quirinale) le cose arrivano magari a capirle, ma sempre fuori tempo massimo, sempre inseguendo un realismo che invece è solo mancanza di visione e di fantasia (e per più d’uno opportunismo).
La realtà diceva che, non avendo la maggioranza sufficiente a formare un governo, bisognava accordarsi con qualcun altro. Nella fase immediatamente post-elettorale questo “qualcun altro” era stato identificato nel M5S. Era la scelta giusta, per un motivo principale ed essenziale, se non si accetta il quale ogni altro discorso poggia sulla sabbia. La priorità assoluta per l’Italia in questa fase storica e politica non è l’economia, il debito pubblico, la speculazione internazionale, la Germania o la prossima invasione dei marziani: è liberarsi di Berlusconi, un corruttore che, comprando mezzo paese, tiene in ostaggio qualsiasi possibilità di tornare a una competizione politica che abbia un senso.
L’offerta al 5S è stata rifiutata, sia per il vergognoso comportamento di Grillo, sia per l’incapacità del Pd di battere strade diverse da quelle tradizionali. Eppure c’era stata la prova che queste strade esistevano e potevano essere seguite con successo: l’elezione dei presidenti di Camera e Senato ne era stata la dimostrazione evidente, la dimostrazione che uscendo dagli schemi logori della tradizione si potevano ottenere risultati positivi per il paese e per la coalizione di sinistra. Inutile riesaminare ora le tante possibilità di trovare soluzioni analoghe per gli altri problemi che via via potevano essere affrontati. Basti dire che ci sarebbero state e che non avrebbero comportato necessariamente la rinuncia di Bersani alla premiership.
Certo, ha pesato non poco anche la testarda convinzione di Giorgio Napolitano di dover essere il garante non della Costituzione, ma di tutte le forze politiche “tradizionali” – senza considerare che una di esse coincide con gli interessi personali di un malfattore – e la sua palese avversione al 5S. Napolitano ci ha messo 50 anni a capire che aveva sbagliato sull’invasione dell’Ungheria: gli auguriamo di viverne ancora almeno altrettanti in modo da rendersi conto di quale madornale errore abbia compiuto.
Fatto sta che, grazie alla protervia di Grillo, all’insufficienza del Pd e all’ottusità di Napolitano, la situazione è entrata in stallo. Ma dallo stallo si sarebbe ancora potuti uscire con l’elezione del nuovo presidente della Repubblica. Il Pd poteva convergere su Rodotà e la situazione si sarebbe riaperta. Avrebbe dovuto farlo subito, ascoltando gli appelli degli intellettuali e i desideri della stragrande maggioranza del suo elettorato. Ma anche dopo gli ennesimi errori – dalla proposta di Marini in poi – e anche dopo aver verificato le lacerazioni del partito, avrebbe avuto un’ultima possibilità. Un presidente “condiviso”? La scelta era se condividerlo con i circa 9 milioni di voti di Pdl e Lega o con i circa 9 milioni di voti del M5S. La riconferma di Napolitano è stata una resa: ma se si doveva arrendere il Pd poteva almeno farlo dalla parte giusta. Le foto scattate subito dopo la rielezione (che riproduciamo in questa pagina) rendono inutile ogni speculazione su chi abbia vinto e chi abbia perso in questa partita.
E adesso? Adesso niente: un uovo rotto non si ripara, bisogna aspettare di farne un altro. Avremo un “governissi-cchio”, che proseguirà nella politica sbagliata e conservatrice ma soprattutto salverà Berlusconi, per il quale si riapre un luminoso avvenire speculare a quello disastroso delle forze (?) progressiste. Questa ennesima sconfitta storica viene da lontano. Viene dalla pretesa che destra e sinistra fossero concetti obsoleti ormai inutili nel mondo moderno. Una scempiaggine: non è questione di terminologia, né di tradizioni più o meno lontane nel passato. In qualunque mondo e in qualunque situazione ci saranno sempre delle politiche che esaltano l’individualismo a scapito della solidarietà, l’efficienza a vantaggio di pochi contro la ricerca di un equilibrio sociale che allarghi il più possibile il benessere. Si può chiamarle come si vuole, anche se destra e sinistra rimangono definizioni efficaci. Un partito che non voglia fare la fine del Pd dovrebbe ricominciare da qui, dall’affermare che chi non riconosce questo ha un’opinione del tutto legittima, ma è bene che la persegua altrove.

Fonte: Repubblica del 21 aprile 2013

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