• lunedì , 13 Maggio 2024

Lo “scandalo” Tridico e i sepolcri imbiancati

di Carlo Clericetti

L’indignazione che si è scatenata sulla retribuzione fissata per il presidente dell’Inps, Pasquale Tridico, richiama l’immagine evangelica dei “sepolcri imbiancati”, l’invettiva usata da Gesù per denunciare l’ipocrisia di scribi e farisei.

E’ innanzitutto singolare che si parli solo di Tridico, mentre non è mai apparso il nome di Franco Bettoni, il presidente dell’Inail a cui con il medesimo provvedimento è stato attribuito un trattamento identico. Che cos’ha di diverso Tridico? Beh, è stato protagonista del varo di due provvedimenti particolarmente invisi alla Confindustria e alla maggior parte del ceto politico, quello sul “reddito di cittadinanza” e – soprattutto – il “Decreto dignità”, timidissimo passo indietro rispetto alla deriva della precarizzazione del lavoro in atto da oltre venti anni.

Cose imperdonabili, da pericoloso sovversivo che deve essere espulso da un posto di responsabilità e rimandato nella sua università dove potrà fare meno danni. Poco importa che un reddito di sostegno contro la povertà esista in tutti i paesi europei (e che sia stato addirittura raccomandato dalla Commissione). Poco importa che quel decreto abbia funzionato, favorendo le assunzioni a tempo indeterminato rispetto a quelle a termine. Poco importa che l’iter del provvedimento sulla retribuzione sia stato avviato dal governo precedente, nel gennaio 2019; e che i criteri per determinarla risalgano addirittura al 2001. Secondo quei criteri, peraltro – come precisa lo stesso Tridico in una lettera a Repubblica – la retribuzione avrebbe dovuto essere di 240 mila euro, “pari al compenso dei dirigenti centrali dell’Inps e ai vertici di amministrazioni simili”.

Ma una retribuzione del genere è coerente con la gravissima crisi del paese? E’ opportuna in un periodo in cui tante persone hanno perso il lavoro o stanno per perderlo?

Porre la domanda e discuterne non è sbagliato. Quello che è sbagliato, e che rivela l’ipocrisia di chi grida al presunto “scandalo”, è parlare solo di Tridico, guardandosi bene dall’affrontare il problema generale. Perché non c’è solo Tridico che guadagna una cifra relativamente elevata. Non c’è solo lui nell’area della pubblica amministrazione: e allora bisognerebbe discutere se gli stipendi pubblici elevati sono coerenti e opportuni in questa fase economica.

Ma poi ci sono i guadagni del settore privato, che arrivano a livelli sideralmente più alti quando si parla di top manager. Si dirà: ma quelli mica li paga lo Stato. Vero: ma tra i compiti importanti dei governi c’è anche quello su come distribuire gli oneri per il funzionamento del paese, e lo strumento per farlo è la tassazione. Se la situazione è tanto drammatica da dover mettere in discussione il livello delle retribuzioni pubbliche, perché in questa discussione non dovrebbe entrare il livello del prelievo sugli alti redditi del settore privato? Se il problema si pone a causa della crisi, ci si scandalizza per i 150 mila euro di Tridico e Bettoni, per i 240 mila di tanti altri dirigenti pubblici, e non per i molti milioni che tanti guadagnano nel settore privato?

Allora, raccontiamola giusta. Se si vuole porre il problema, come sarebbe giusto, di come e quanto i redditi alti debbano dare il loro contributo contro la crisi, lo si faccia. Altrimenti, se si parla solo di Tridico, questo rimane solo un pretestuoso attacco personale.

Fonte: da La Repubblica del 27 set 2020

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