• sabato , 27 Luglio 2024

Obama offre protezione dalla Cina

«Quando in futuro gli storici studieranno il periodo che stiamo vivendo, questo viaggio del presidente Obama verrà probabilmente indicato come il momento-chiave del riorientamento della politica estera Usa: quello in cui Washington ha deciso di concentrare sull’ Asia gran parte della sua attenzione e delle sue risorse». Tom Donilon, da due settimane Consigliere per la Sicurezza nazionale della Casa Bianca al posto del generale Jim Jones, non risparmia i toni enfatici mentre – giunti all’ ultima tappa, quella giapponese – parla del senso della missione asiatica di Obama coi giornalisti che l’ hanno seguita. Dietro l’ enfasi, però, ci sono i fatti citati da Donilon: quasi tutti i leader della regione incontrati da Obama, in India, Indonesia a quelli incontrati al G20 di Seul e ora qui a Yokohama, al vertice dell’ APEC, l’ organizzazione per la cooperazione tra Asia e area del Pacifico, «hanno chiesto agli Stati Uniti di assumere un impegno strategico molto più accentuato in questa parte del mondo, di esercitare una vera “leadership”». Il nuovo «superconsigliere» di Obama menziona, poi, un altro fatto significativo: la settimana scorsa si sono ritrovati contemporaneamente un missione in varie parti dell’ Asia il presidente, il Segretario di Stato Hillary Clinton, il ministro del Tesoro Tim Geithner e il capo del Pentagono, Robert Gates. Non era mai successo. Tra «shock» per l’ esito delle elezioni di «mid term» e trattative al G20, fin qui si è parlato soprattutto di battaglie valutarie – lo yuan sottovalutato, le manovre della Fed che indeboliscono il dollaro – e del profilo commerciale della missione di Obama, con la spasmodica ricerca di nuovi varchi per l’ export di un’ America che ha bisogno di produrre per creare posti di lavoro. Ma è vero che in tutte le tappe della sua missione Obama ha rafforzato le antiche alleanze e ha cercato di costruirne di nuove. Trovando ovunque, dall’ India all’ Indonesia, dalla Corea al Giappone, interlocutori orgogliosi della crescita tumultuosa dell’ Asia ma anche preoccupati dal disordine che regna nella regione e dall’ enorme forza economica e strategica acquisita dalla Cina. Un’ America chiamata, insomma, ad offrire uno scudo militare e politico in tutto l’ Estremo Oriente e nel Sud est asiatico ai Paesi – dalla Corea al Giappone, al Vietnam – che si sentono minacciati dal risorgente nazionalismo cinese. Di questo confronto strategico Usa-Cina si parla poco nelle note ufficiali. Donilon, anzi, sottolinea il grande «feeling» personale tra Obama e il presidente Hu Jintao da lui incontrato già ben sette volte nei 22 mesi trascorsi alla Casa Bianca. E a gennaio Hu tornerà in visita ufficiale negli Usa. Ma la necessità di cooperare non cancella l’ oggettiva contrapposizione di interessi tra le due potenze. Come nel caso del rinnovato impegno militare Usa a fianco di Tokio che ha fatto da sfondo al freddo colloquio, qui a Yokohama tra Hu e il premier nipponico Naoto Kan. Il primo vero contatto dopo lo scontro di settembre quando un peschereccio cinese venne catturato davanti a un arcipelago occupato dal Giappone ma rivendicato anche dalla Cina. Come gesto di distensione Hu ha promesso che la Cina riprenderà a fornire al Giappone 22 minerali rari, dal tallio al lutezio, essenziali per l’ industria elettronica, bloccati per ritorsione. Ma sulla disputa delle isole nessun passo avanti. Così come quando Obama e il leader indiano Singh hanno rilanciato l’ alleanza tra i due Paesi e discusso di un profilo strategico più marcato di New Delhi nella regione, a fare da sfondo c’ era una Cina che costruisce porti in Pakistan, Bangladesh, Sri Lanka e Birmania e fornisce aiuti economici e militari a questi Paesi affacciati sull’ Oceano Indiano. Processi complessi, difficili da gestire. Ma la via per Obama è segnata: perché si sente, come ama dire, un «uomo del Pacifico», e perché quest’ area, col 40% della popolazione del Pianeta, già oggi realizza più della metà della produzione mondiale. «E nei prossimi cinque anni – ha notato Obama parlando agli imprenditori dell’ area Apec -, l’ Asia crescerà di un altro 50%».

Fonte: Corriede della Sera del 14 novembre 2010

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