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Il ritorno di Napoleone

Prime riflessioni sull’attacco. La Francia punta tutto,la Nato è sparita. L’Italia ha fatto il suo dovere. La Germania è in ritirata
Il vertice di Parigi è finito. I caccia francesi volano su Bengasi. Alle 17.45 hanno esploso i primi colpi contro le truppe del raìs.
Il piccolo Napoleone ha dichiarato l’attacco. La Francia ha preso il comando formale delle operazioni contro Gheddafi, ha rimesso in campo la Grandeur. Per Sarkozy è una prova di forza importante, vuole dimostrare di essere un leader e porre una opzione sulla spartizione miliardaria post bellica. C’è voglia di far rispettare il diritto ma anche di affermazione. E fra un anno deve presentarsi agli elettori. Oggi Nicolas è l’Europa, oggi è la Nato. Speriamo bene.
I britannici si sono fatti soffiare la primogenitura dell’attacco. Non tarderanno a recuperare se, speriamo di no, il caso si porrà. E’ la gioventù di un Cameron non abbastanza smaliziato che pesa sulle decisioni di Londra.
L’America partecipa ma è lontana. E Obama, Nobel per la Pace, ha paura di essere scambiato per Bush.
L’Italia ha fatto quello doveva. Mettere le basi a disposizione nel rispetto dell’antico e forte vincolo Atlantico. Ma non accendere i motori dei suoi vecchi Tornado perché è troppo vicina al nemico.
L’Ue non si è vista e non si doveva/poteva vedere. La Difesa non è una sua priorità. Van Rompuy è subito saltato sul carro del vincitore tuonando contro la Libia. Prima di oggi non poteva farlo. Adesso non lo ascolta nessuno.
L’alto rappresentante Ashton non ha ancora dato notizieE’ bene che si occupi della cornice, cosa non meno importante. Quella della cooperazione umanitaria e del progetto riorganizzazione da mettere in piedi quando le armi taceranno.

La Nato non è pervenuta. Gli ambasciatori dei ventotto alleati studiano piani da giorni. Non volevano andare a menare le mani in Libia perché l’Afghanistan era più che sufficiente. Turchia e Germania hanno frenato. Forse scenderanno in campo in un secondo momento. Immagine offuscata e ancora orfana di guerra fredda.
Germania in ritirata. La Merkel ha tolto la gamba in tutti gli interventi. Ha accettato l’ammosciamento della nuova governance economia europea, ha fatto dietrofront sul nucleare e ha scelto la linea non interventista. Giuste o sbagliate che siano le sue posizioni, la cancelliera ormai fa solo quello che serve per cercare di puntellare il suo consenso politico in patria e non perdere le elezioni locali. Nel bene nel male, il voto permanente tedesco ha disinnescato la Germania.

Fonte: La Stampa del 19 marzo 2011

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