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Roma sfida Berlino sull’Unione bancaria

Bruxelles indaga sulle sovvenzioni post calamità naturale. Interventi giusti, ma effettuati senza rispettare le regole. Rischio di sprechi per mancanza di notifica. Il commissario Almunia vuol vederci chiaro. Il caso non è ancora chiuso. Rischio restituzione.
E’ come un’altra brutta scossa. Da oltre un anno gli aiuti di stato che l’Italia ha pagato alle sue zone terremotate sono sotto inchiesta da parte dell’Unione europea. Bruxelles dialoga col governo che li ha concessi senza notificarli all’Ue, come invece prevedono le regole del gioco sulle sovvenzioni pubbliche alle imprese. Non solo. Ha versato l’aiuto in un modo che i servizi del commissario Almunia, lo sceriffo per la Concorrenza, ritengono possa essere stato irregolare. Le spiegazioni non sono per il momento bastate. Il dossier è ancora aperto e, per ora, non si è ancora messo bene.
«Si tratta di fondi pagati senza un legame diretto col danno reale provocato dal sisma», spiega una fonte. Sebbene fossero un sostegno giusto per l’emergenza, dovevano seguire le prassi del sistema europeo con cui gli stati hanno chiesto di eliminare ogni aiuto di stato distorsivo della concorrenza.
Brutta storia, soprattutto perché c’è gente che soffre e ha sofferto. Bruxelles lo riconosce, ma ricorda che la non notifica degli aiuti crea margini per possibili truffe a aggiramenti, dunque il controllo è nello stesso interesse dei cittadini. E’ potenzialmente anche uno spreco di denari pubblici, perché le iniezioni di denaro devono essere collegate all’effettivo bisogno.
Il caso salta fuori nel momento in cui la Commissione lancia una nuova consultazione sulla revisione del regolamenti sul blocco delle esenzioni per gli aiuti di stato. Il varo è per oggi. Alcuni tipi di intervento saranno esentati dall’obbligo di notifica alla Commissione Ue. Altri no. Tale misura è intesa a semplificare l’autorizzazione dell’aiuto, tenendo alta la guardia.
Per l’Italia è un’opportunità, anche se non vuol dire chiudere con il passato. Dopo il terremoto siciliano del 1990 e l’alluvione al Nord del 1994, abbiamo adottato un impianto legislativo che consente la sospensione e il rinvio di tasse e contributi sociali (per tre anni) dovute dalle imprese che si rovano nelle aree colpite dalla calamità. Nel 2002-2003 il governo ha quindi una misura di amnistia fiscale che riduceva del 90 per cento il volume di imposte e contributi ancora dovute da questi soggetti. Fra il 2007 e il 2011 analoghi provvedimenti – con una riduzione del 60 per cento – sono stati presi per i terremoti di Umbria e Marche (1997), Molise e Puglia (2002), Abruzzi (2009).
Il problema è che lo sconto fiscale non è stato commisurato al danno. «Il caso è ancora aperto», spiega una fonte. Per essere giudicato compatibile con il regime europeo degli aiuti di stato occorre che le erogazioni non «compensino più del necessario i danni» oppure rientrino nelle regole positive per la commissione. «Ogni esborso non autorizzato dovrà essere restituito allo Stato», è la regola di Bruxelles, che attualmente lavora a stretto contatto con le autorità italiane. Si spera di far chiarezza presto. Già nella primavera del 2014 se possibile. Sennò partirà la messa in mora.

Fonte: La Stampa del 18 dicembre 2013

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