• martedì , 10 Dicembre 2024

Il raduno segreto dei magnati che mirano a rovesciare Obama

Usa I super-ricchi accusati di usare «denaro sporco»:scontri e arresti.
I partecipanti Al seminario, industriali come Ken Langone e anche opinionisti di destra, forse Beck e Limbaugh Ma la convention dei fratelli Koch finisce contestata Giro d’ affari I Koch sono proprietari di un gruppo industriale non quotato con un giro d’ affari di 100 miliardi di dollari.
In aria il dirigibile di Greenpeace che bombarda il ranch dei miliardari con volantini che accusano i fratelli Koch di usare «denaro sporco» per le loro campagne e li dipingono come una piovra con due teste. A terra mille manifestanti che cercano di entrare nel «Las Palmas Resort» – l’ albergo nel deserto punteggiato di campi da golf di Rancho Mirage, a due ore d’ auto da Los Angeles – dove duecento super-ricchi discutono le iniziative da prendere per far trionfare il liberismo, spezzando quella che definiscono «la deriva socialista di Obama». I manifestanti vengono respinti dai poliziotti in assetto antisommossa: caschi, scudi e scafandri, roba mai vista tra le palme di questo paradiso vacanziero. E anche 25 arresti. Tranquilli, non siamo al Cairo. Qui è tutto pianificato per le telecamere e i media. C’ è un accordo, forse nemmeno tanto tacito, tra agenti e manifestanti: appena tentano di entrare nel resort vietato, i leader della protesta si fanno arrestare senza opporre resistenza. Dentro dovrebbero esserci industriali come Ken Langone, alcuni opinionisti di destra (forse Glenn Beck e Rush Limbaugh). In passato a questi seminari ha partecipato anche Antonin Scalia, l’ arciconservatore della Corte Suprema. E sicuramente c’ è Eric Cantor, uno dei leader della nuova maggioranza repubblicana alla Camera. I «ribelli» vengono portati nella Indio Jail, il carcere locale, e subito rilasciati, mentre la Faa, l’ ente federale che controlla il traffico aereo, decreta la «no fly zone» sopra Rancho Mirage. C’ è pure l’ infiltrato, presenza obbligatoria per una manifestazione che si rispetti. Nulla di minaccioso, però, anche qui prevale un tocco di leggerezza: a disturbare la protesta arriva, pattinando sui suoi rollerblades, il blogger-provocatore Andrew Breitbart, grande fan dei Tea Party. Fende la folla urlando «questa è una manifestazione contro il capitalismo, contro la libertà e i mercati aperti». Alla fine, tutti contenti: le forze dell’ ordine hanno fatto rispettare la legge, i manifestanti sono riusciti a dare visibilità internazionale alla loro protesta che rischiava di essere oscurata dalla rivolta in Egitto. Tutti contenti, salvo i fratelli Koch, David e Charles, 35 miliardi di dollari di patrimonio in due: è dal 2003 che ogni sei mesi organizzano ritiri di questo tipo per promuovere la causa di un conservatorismo radicale e libertario: mercatismo assoluto senza interferenze pubbliche. Fin qui erano riusciti a tenerli segreti, ma da quando hanno cominciato a finanziare i Tea Party, favorendo la loro rapida crescita, sono divenuti la bestia nera delle associazioni politiche liberal, oltre che dei verdi. I Koch sono proprietari del secondo gruppo industriale americano non quotato (il primo è la Cargill), con un giro d’ affari di 100 miliardi di dollari. Koch Industries, basata a Wichita, in Kansas, ha raffinerie in Alaska, Texas e Minnesota, è proprietaria di seimila chilometri di oleodotti e controlla varie industrie chimiche (suo il marchio Lycra) e della carta. Fino a un anno fa i due fratelli che la controllano erano noti soprattutto come grandi benefattori di New York: David è nel board dello Sloan-Kettering Cancer Center, il celebre centro per la lotta ai tumori al quale ha donato 40 milioni di dollari, mentre 20 li ha dati al Museo di storia naturale che ha dato alla galleria dei dinosauri il nome della famiglia Koch. Nella primavera scorsa David è stato premiato, insieme a Caroline Kennedy (figlia di John), dall’ American Ballet Theatre per la sua attività filantropica (ha dato vari milioni al teatro e ha contribuito con centinaia di milioni al rinnovamento del Lincoln Center, la principale istituzione musicale della città). Poi un’ inchiesta del New Yorker ha provato, al di là di tutte le smentite ufficiali, che i due imprenditori non sono solo due liberisti incalliti, finanziatori di think- tank come il Cato Institute e la Heritage Foundation. A un certo punto si sono accorti che predicare dall’ alto serviva a poco: il movimento liberista aveva molti aspiranti leader ma poche truppe. Bisognava partire dal basso. Così, dopo l’ elezione di Obama, e davanti a un Partito repubblicano indebolito e guidato da un personaggio ambiguo e dalle mani bucate come Michael Steele (recentemente defenestrato), hanno deciso di cominciare a promuovere il nascente movimento dei Tea Party e di finanziare alcune associazioni che hanno fatto campagna in vece dei repubblicani, senza l’ obbligo di uscire allo scoperto. I risultati sono andati al di là delle loro più rosee aspettative. E, intanto, anche le leggi per la tutela ambientale contro le quali i Koch avevano scatenato le loro offensive milionarie, sono tornate nel cassetto. Obama ha criticato spesso queste organizzazioni durante la campagna elettorale, sostenendo che stavano condizionando il voto. Ma anche i democratici hanno i loro finanziatori privati come Soros. Dopo la sconfitta di novembre, comunque, il presidente non è più tornato su queste accuse e, anzi, ha cercato di ricucire con la Us Chamber of Commerce, la lobby industriale (massicciamente finanziata da Koch) che l’ ha attaccato con più durezza. Una beffa per gli attivisti di sinistra: assediano gente che accusa di «sinistrismo» un presidente che nel frattempo si è spostato al centro, con grande scorno dei liberal.

Fonte: Corriere della Sera del 1 febbraio 2011

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