• lunedì , 14 Ottobre 2024

Sbilanciati dagli inglesi

LA NOTIZIA (PRIMA DELLA RIFLESSIONE)
Inglesi e olandesi legano le mani all’Europa e bloccano l’accordo fra Consiglio e Parlamento sul bilancio a dodici stelle per il 2011. L’Unione corre pertanto verso l’esercizio provvisorio, il che vuol dire continuare con gli stessi soldi dell’anno in corso senza la possibilità di coprire i nuovi esborsi previsti da tempo, come quelli per il rafforzamento del servizio diplomatico o per le tre neonate autorità di vigilanza su banche, Borse e assicurazioni. «A febbraio mancheranno 6 miliardi per l’agricoltura», ha avvertito il commissario al Bilancio Lewandowski. Più povere anche le iniziative sociali e la ricerca. In questa fase di uscita dalla crisi, è una vera disgrazia.
La presidenza belga cercherà di fare il miracolo e ricondurre tutto alla normalità: porterà il caso al già affollato vertice europeo di metà dicembre e chiederà al parlamento di convocare, se necessario e possibile, un’altra sessione plenaria prima di Natale. Ieri i rappresentanti degli stati hanno lavorato senza sosta a una quadra per i problemi sollevati a turno dai delegati di Regno Unito, Paesi Bassi e Svezia, i tre capibastone più duri nel combattere ogni elemento di flessibilità in salsa europea. Alla fine, alle otto della sera, la presidenza belga ha comunque deciso di trasferirsi al Parlamento per tentare la conciliazione con gli eurodeputati, nonostante l’assenza di un compromesso. Inutile. Allo scattare della mezzanotte dell’ultimo giorno utile per trovare l’intesa, i delegati hanno gettato la spugna.
E’ uno strappo grave. Ogni anno l’Ue celebra la sua sessione di bilancio per definire la legge finanziaria dei ventisette, 142,6 miliardi da ripartire secondo gli obiettivi comunitari. L’entrata in vigore del Trattato di Lisbona ha attribuito maggiori poteri di consultazione all’Europarlamento, senza però definire nettamente i loro contorni. I deputati hanno chiesto che la questione fosse chiarita e istituzionalizzata. Il gruppo a guida britannica si è opposto, ha sollevato una questione di sovranità. Aveva fatto altrettanto sull’aumento delle dotazioni, riuscendo a convincere l’assemblea a ridurre dal 6 al 2,9% l’aumento dei pagamenti. «Non possiamo praticare l’austerità in patria e scialacquare a Bruxelles», aveva detto il premier Cameron assieme a undici altri leader, fra cui Berlusconi. Strasburgo ha accettato. Ma si è visto sbattere la porta sul dialogo politico.
Olandesi e inglesi sono riusciti a rompere sulla sorte dei resti, dello 0,03% della torta che, non essendo stata spesa, può essere riorientata verso altre strategie. Il parlamento chiedeva flessibilità per poter investire questi fondi ove necessario invece che restituirli alle capitali. Il fronte del «no» ha congelato la formulazione. «Desideravamo un accordo – ha detto il presidente del parlamento, Jerzy Buzek -, però hanno prevalso i pochi. La loro intransigenza mina la fiducia nelle nostre capacità di lavorare bene».
L’Italia si è battuta per l’intesa, ottenuto il via libera sul rigore, s’è schierata con il parlamento insieme con la maggioranza. Gli inglesi sono andati alla rissa per trovare un po’ di consenso da rivendere in patria. Sopratutto avrebbero armato la polemica per difendere «lo sconto britannico» con cui la Thatcher si assicurò una minore contribuzione al budget affermando che il grosso della spesa era agricolo e il Regno Unito non aveva un’agricoltura che potesse valere un esborso direttamente proporzionale. In molti, fra cui Lewandowski, ritengono che Londra non ne abbia più diritto e che gli altri possano smettere di pagare per lei. Cameron no. Così rischiano di pagare tutti e anche di più.
LA RIFLESSIONE (DOPO LA NOTIZIA)
Non va bene.
Non va bene che i britannici, proprio loro, guidino il gruppo dei paesi che bloccono il bilancio europeo.
Non va bene perché loro hanno sempre avuto tutto e dato nulla. Perché nel 1984 gli è stato riconosciuto che il budget europeo era molto agricolo e loro, sfortunati su quell’isola poco agricola, non potevano pagare come gli altri, in diretta percentuale del loro pil. Da allora hanno preso ogni cosa a prezzo di saldo. Con lo sconto sempiterno. Per non sbagliarsi, hanno poi sempre fatto i ritrosi e col veto minacciato hanno incassato guarantigie e lussuosi grabesti.
Non va bene perché il bilancio europeo serve a tutti. Sono soldi stanziati dagli stati membri, necessari per le politiche comuni. Senza un’intesa saranno congelate decine di inziative, per l’agricoltura, per il sociale.
Non va bene perchè rischiano di non partire nemmeno le tre autorità di vigilanza per le quali si è tanto combattuto dopo la tempesta dei mercati internazionali.
Non va bene perché è la logica della politica inglese euroscettica e menefreghista che tiene in ostaggio l’Europa.
Non va bene perchè il Trattato di Lisbona dice che il parlamento deve contare di più. Altri lo dicevano da prima, visto che è eletto dai cittadini. Biosgnerebbe insistere.
Non va bene perchè gli inglesi, che hanno dato un contributo significativo alla crisi finanziaria coi loro banchieri avidi e senza scrupoli, devono pagare almeno come gli altri, o forse di più. Loro che, malati di ecccessivo e sfrenato liberismo, hanno venduto una grande industria nazionale a tutti gli altri. L’anima per i soldi.
Non va bene perché sono gente intelligente e organizzata, con una bella tradizione di ricerca, cultura e impresa, che sprecano il loro talento perché non lo mettono al servizio della collettività, ma cedono solo ai loro interessi personali.
Non va bene il ritorno del NO, NO, NO thatcheriano.
Non va bene. Non va bene prendere e non dare. Non va bene.

Fonte: La Stampa del 16 novembre 2010

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