• domenica , 19 Maggio 2024

Quando la moneta muore, sguardo sul tempo che fu

Qualche momentaneo sprazzo di speranza non ha dissolto la nube cupa del fallimento dell’ euro che incombe sull’ Europa. Le persone responsabili sanno leggere le statistiche che annunciano l’ ingresso in un periodo di recessione che s’ incrocia col timore che il rinnovo dei titoli in euro possa essere rifiutato da un giorno all’ altro dai mercati internazionali; così come i valori azionari di qualsiasi banca che ne abbia troppi nelle sue riserve. A quel punto il precipitare di una moneta senza governo, trascinerebbe con sé i paesi dell’ Unione privi di un aggancio istituzionale a una propria valuta. Tutta la costruzione europea subirebbe una scossa sismica del massimo grado.È vero che la Storia non sempre è maestra di vita tuttavia il significato concreto di un disastro del genere si può percepire, con l’ occhio cinematografico del documentarista, ripercorrendo le tappe delle due analoghe catastrofi prodottesi nel secolo XX: la super inflazione 1921-1923 in Germania e negli Stati dell’ ex Impero asburgico (Austria e Ungheria), e la crisi del 1929, di cui solo la Seconda guerra mondiale segnò la conclusione. Spulciando tra la bibliografia in proposito mi è venuto tra le mani un vecchio libro che ho letto come un thriller, Quando la moneta muore – Le conseguenze sociali dell’ iperinflazione nella Repubblica di Weimar, dello studioso inglese Adam Ferguson (Il Mulino 1979, riedito da Neri Pozza nel 2010). Ne posso evocare solo qualche passaggio, sperando di incitare il lettore a una più completa lettura. «Nel 1913, ad un anno dallo scoppio della prima guerra mondiale, il marco tedesco, lo scellino britannico, il franco francese e la lira italiana avevano pressappoco lo stesso valore. Alla fine del 1923 sarebbe stato possibile cambiare uno scellino o un franco o una lira con una cifra pari a 1.000.000.000.000 di marchi tedeschi, ma in pratica nessuno ne voleva. Il marco infatti era morto, dopo essere arrivato a valere un milione di milionesimo di se stesso, e avere impiegato quasi dieci anni per morire…. Un mese dopo l’ altro, un anno dopo l’ altro, i discorsi, le lettere, i giornali, i documenti ufficiali di quel periodo dicono semplicemente che non era immaginabile che un tale disastro potesse continuare. Invece, non solo la tremenda congiuntura perdurava, ma, anzi, le cose andavano di male in peggio. Nel 1921 non era pensabile che il 1922 potesse essere peggiore, e invece lo fu. A causa del freddo l’ Università di Vienna fu chiusa durante il periodo invernale, le tariffe ferroviarie furono aumentate del 30%. E mentre le notti dei ricchi diventavano sempre più frenetiche, avvocati e generali in pensione lavoravano come spaccapietre sulle rive del Danubio… Furono prese misure pubbliche contro i profittatori. Il Primo ministro della Baviera presentò una legge che perseguiva l’ ingordigia come reato, definendo l’ ingordo come “una persona che abitualmente si dedica al piacere della tavola a tal punto da suscitare malcontento, date le dolorose condizioni in cui vive la popolazione”. Pene erano sancite anche per i ristoranti e per gli stranieri, condannabili all’ espulsione…I prezzi in continuo aumento stimolarono la richiesta di denaro. Le banche non potendo far fronte alla domanda dovettero razionare il pagamento degli assegni così questi rimanevano congelati mentre il loro potere d’ acquisto diminuiva. Nessuno quindi li accettava più. Il panico si diffuse alle classi lavoratrici allorché queste si resero conto che non era materialmente possibile che i salari venissero pagati… Fu passata una legge in forza della quale i singoli stati, gli enti locali e le industrie, previa licenza, potevano emettere una moneta simbolica o “Notgeld” qualora la Reichsbank non potesse fornire denaro sufficiente per soddisfare le retribuzioni. Ben presto la marea del denaro d’ emergenza assunse proporzioni enormi e contribuì ad aumentare il livello dell’ alluvione di carta che stava inghiottendo la Germania».

Fonte: Repubblica del 19 dicembre 2011

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