• martedì , 3 Dicembre 2024

Non snaturiamo gli Euro bond per battere la speculazione

Com’era ampiamente prevedibile, la proposta Juncker-Tremonti di fare emettere E-bond da un’Agenzia del debito di nuova costituzione per fronteggiare le difficoltà di titoli sovrani europei è stata respinta. Gli osservatori più attenti hanno commentato che questo risultato era scontato e che il vero intento dell’iniziativa fosse quello di propiziare, in contropartita del rifiuto, una decisione favorevole all’aumento delle disponibilità dell’attuale Fondo di stabilizzazione finanziaria. Ma anche se si fosse raggiunto l’accordo di accrescerne l’entità – e non è accaduto – sarebbe restato irrisolto il problema che, per fronteggiare la speculazione, è necessaria la presenza attiva di un “lender of last resort”, o prestatore di ultima istanza, dotato di sovranità monetaria e, quindi, in condizione di immettere sul mercato fondi illimitati.
Questa funzione può essere espletata solo da una Banca centrale perché – secondo la celebre definizione datane da Walter Bagehot nel suo “Lombard Street” – solo essa può offrire moneta “molto abbondante, quanto il mercato richiede” ed evitare che l’intervento sia “troppo poco e troppo tardi”. Questo è il motivo per cui il Fondo europeo non va funzionando contro la speculazione, mentre ha funzionato e funziona la decisione della Bce di acquistare titoli pubblici in quantità illimitate. Gli E-bond servono per stimolare lo sviluppo, non per fronteggiare la speculazione; contro di questa solo la produzione di un “bene collettivo”, come il lendering of last resort, può avere chance di successo; non è quindi necessario distorcere le finalità dei bond europei, basta operare con le garanzie.
Da tempo ho avanzato la proposta di una sistemazione dei debiti sovrani per consentire il ritorno a un indispensabile rigore monetario e fiscale che non abbia effetti deflazionistici; o di impedire, in nome della socialità, l’affermarsi di politiche lassiste, come quelle che vanno conducendo gli Stati Uniti e portano allo stesso risultato, ma per via inflazionistica. Questa mia proposta si articola, per sommi capi, come segue. Tutti i debiti sovrani che eccedono un limite oltre il quale generano un avvitamento inflazionistico o deflazionistico e attacchi speculativi (il 60 per cento per l’Ue) vengono (a) ristrutturati nei tempi di rimborso e nei tassi pagati, (b) domiciliati presso il Fmi e denominati in Diritti speciali di prelievo, (c) garantendo ai detentori un rimborso a valori più stabili delle monete di emissione. Principale difficoltà: ottenere la rinuncia dagli Stati Uniti a usare il dollaro come free raider dei mercati internazionali. Principali vantaggi: incontrare l’interesse dichiarato della Cina (e di altri detentori di titoli in dollari) di trasformare il loro credito in Dsp, ottenendo implicitamente una garanzia sul valore di rimborso, in contropartita di un più rapido aggiustamento del cambio dello yuan; o, in alternativa, una clausola di contenuto equivalente che obblighi i partecipanti al libero scambio governato dalle regole del Wto a praticare lo stesso regime di cambio.
Come second best l’operazione va fatta con la Bce – senza la trasformazione degli euro in Dsp – sulla base di piani di rimborso con tempi dilazionati e con un premio adeguato. La Bce non sarebbe costretta a immettere nuova base monetaria, ma si renderebbe garante di un ipotetico default, con conseguente riduzione del premio al rischio sui debiti sovrani dell’Euroarea. La formula avrebbe minori implicazioni di quelle legate all’aggiramento delle norme del Trattato di Maastricht resosi necessario per fronteggiare la crisi, né avrebbe le caratteristiche di quell’unione politica che i paesi “virtuosi” paventano. Sarebbe un ritorno all’ortodossia degli accordi europei e, pertanto, alla loro credibilità, la cui grave attenuazione alimenta la speculazione.

Fonte: Il Foglio del 9 dicembre 2010

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