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“Non fate come Ciccio il pescatore”

Il filosofo analizza la società tra ricerca della felicità e austerità. “”La crisi ci ha messo di fronte a un errore: il soggettivismo, ma l’idea che non esistono valori in sé ma solo quelli dettati dalle preferenze è sbagliata”
“Ciccio va a pesca con le bombe. Porta a casa più pescato degli altri, e fa più soldi degli altri. Ma distrugge la riproduzione dei pesci, e l’anno dopo ce ne sarà di meno. Così alla fine anche Ciccio morirà di fame. Si chiama dilemma del prigioniero: perseguire un interesse egoistico porta un danno alla collettività e poi anche a se stessi”. Come nella tradizione della filosofia classica, al filosofo Sebastiano Maffettone piace usare storielle come ascensore per portarti nella dimensione del pensiero. E la storia di Ciccio, come poi quella dei gemelli cinesi, gli servono per analizzare la nostra società, tra austerità e ricerca della felicità. Due parole che, pur essendo il tema dell’intervista, non pronuncia mai, preferendo parlare di individualismo e di valori oggettivi. “La mia generazione – quella del ’68 – poteva pensare a grandi cambiamenti. Ma quando le risorse sono incerte, quando devi preoccuparti dell’indispensabile, non è il momento di pensare al senso della vita e al resto del mondo”.
Ora non ci possiamo permettere utopie?
“L’utopia è il motore morale del cambiamento. Ma è coeva del benessere”.
Cosa si può fare nella crisi?
“La crisi ci ha messo di fronte a un errore: il soggettivismo, l’idea che non esistono valori in sé ma solo quelli dettati dalle preferenze – puttane o eroi è lo stesso, basta che abbiano più voti – è sbagliata. E’ quello che ci ha lasciato Berlusconi. Una studentessa mi dice: “Cosa c’è di male nel prostituirsi per fare carriera? E’ un contratto tra adulti consenzienti”. Io le rispondo che non lo vorrei per mia figlia perché penso che le farebbe male. Come conciliare valori oggettivi con l’autonomia dell’individuo? L’individualismo di Ciccio porta al disastro collettivo. Ci devono essere dei vincoli etici”.
Difficile trovarli buoni per tutti.
“Il bene di tutti – l’etica pubblica – è l’idea che ci sono diverse visioni del bene che coesistono sotto un ideale di giustizia che ci accomuna”.
Secondo lei è questo il cambiamento che si sta verificando da noi?
“Da noi l’etica pubblica è un disastro. Prevale chi grida di più, chi ha più voti. La politica italiana è legata all’idea che ci vuole la Maserati. Ma chi fa politica ha il dovere di dare esempio di sobrietà. Chi ha posizioni di responsabilità deve stare attento a quello che fa: se sono le élite a fare peggio, perché gli altri dovrebbero essere migliori?”.
Servirebbe un cambiamento di modello economico e sociale?
“I gemelli cinesi Ching e Chang sono due stroardinari cuochi, uno sta a Shanghai e uno a San Francisco, questo è agiato e ricco, l’altro vive male: dipende solo dal loro talento? No, anche dalla società in cui è capitato loro di vivere. Una parte del talento non è tua, ma della struttura sociale che ti consente di esercitarlo. Se una società ti consente di andare ad Harvard devi restituire un poco agli altri, senza negare che tu devi avere di più perché sei bravo. Self interest e senso della comunità. E’ utopico? Certo, ma dovendo scegliere un sistema sociale…”.

Fonte: Espresso del 29 dicembre 2011

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