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Ma sara’ una riforma da fare

Giusto un equivoco come questo aspettavano tutti quelli che vogliono dipingere Mario Monti come un thatcheriano senza cuore. Ossia come uno che vuole «affamare la bestia» dello Stato sociale, per sferzare la produttività dell’economia attraverso il bisogno.
Ma nemmeno la «Iron Lady» privatizzò il sistema sanitario inglese, che è sempre rimasto pubblico, come in tutta Europa e nella quasi totalità del mondo avanzato, Stati Uniti esclusi. Né avrebbe senso inseguire il modello americano di sanità (eccellente ai vertici, di basso livello nella media) proprio adesso che Barack Obama, come gli rimproverano i suoi avversari, in parte lo europeizza.
Purtroppo le brevi parole del presidente del Consiglio, in stretto gergo economico, non erano facili da comprendere. In sostanza pongono il problema di quali meccanismi istituzionali possono contenere gli sprechi di un sistema sanitario pubblico, e incentivarne la qualità. Si tratta di una grande riforma, necessaria per il futuro, sulla quale i partiti farebbero bene a confrontarsi.
Cominciamo dai dati di fatto. Benché sembri strano, a vedere la sporcizia di certi ospedali, soprattutto ad apprendere di atroci errori di cura, le prestazioni sanitarie in Italia reggono il confronto internazionale, anche come costi. I due indici chiave, durata media della vita e mortalità infantile, sono a livelli europei, e assai migliori di quelli degli Stati Uniti.
Tuttavia abbiamo le ruberie politiche; perfino dove, come in Lombardia, l’assistenza è migliore che altrove e ai privati è stato concesso un largo spazio. Nell’insieme, la dimensione degli sprechi salta agli occhi: quasi sempre le Regioni che curano meglio i propri cittadini spendono meno, pro capite, di quelle che li curano peggio.
Purtroppo il contenimento delle spese è affidato quasi soltanto a un continuo braccio di ferro tra governo centrale e amministrazioni regionali. Mentre, in prospettiva, l’assistenza sanitaria ci costerà sempre di più, perché siamo un Paese dove gli anziani rappresenteranno una quota sempre più alta della popolazione, e perché inevitabilmente aspireremo tutti ad essere curati con ritrovati medici nuovi, più dispendiosi.
La via migliore è costruire meccanismi che introducano criteri di efficienza nel sistema pubblico senza comprometterne l’universalità. Si può ipotizzare che oltre una base essenziale di assistenza assicurata a tutti, prestazioni aggiuntive siano affidate a mutue private, capaci di stimolare all’efficienza l’offerta sanitaria; oppure che oltre un certo livello di reddito, come in Germania, sia possibile optare per una assicurazione privata. Mario Monti è per l’appunto un fautore dell’«economia sociale di mercato» alla tedesca, tutt’altro che nemico del welfare. Si può benissimo difendere invece il «tutto pubblico»; ma spiegando come si fa a impedire che le Regioni con il record di spesa per medicinali siano le stesse da cui la gente fugge per farsi curare altrove.

Fonte: La Stampa del 28 novembre 2012

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