• sabato , 27 Luglio 2024

Ma i conti continuano a non tornare

No, i conti non tornano. Ancora il Tesoro non ha fornito cifre precise, ma la manovra di Ferragosto appare parecchio indebolita. E non è bene anche solo darne l’impressione, quando sui mercati i titoli di Stato italiani sono sostenuti da interventi che la Bce ha deciso in modo non unanime, con la Bundesbank all’opposizione. Si rischia di aggravare il disamore dei tedeschi verso l’euro. I soliti italiani, diranno: gli dai una mano e approfittano per prendersela comoda.
Prima dell’accordo di Arcore era corsa voce che il «contributo di solidarietà» sarebbe stato sostituito da un aumento dell’Iva. Poi il ritocco Iva è scomparso, ma tutti gli altri pezzi della manovra sono stati riaggiustati come se ci fosse. I due moventi principali sono stati renderla più presentabile all’elettorato del centro-destra e attenuare l’ostilità degli enti locali. Ossia minori aggravi fiscali, o almeno l’apparenza di minori aggravi fiscali, da una parte; minori tagli di spese dall’altra. Che così facendo la somma resti uguale è più che dubbio.
Già prima, alcuni analisti reputavano la manovra insufficiente a raggiungere l’obiettivo del pareggio di bilancio nel 2013. Tra i punti deboli, come rilevato dalla Corte dei Conti, c’era la somma enorme, 1,5 miliardi nel 2012, affidata all’aleatorio aumento di gettito di lotto, lotterie ed altri giochi. Fra una cosa e l’altra, ad esempio gli economisti della banca inglese Barclays già la settimana scorsa valutavano che il pareggio sarebbe stato mancato di una quindicina di miliardi.
Altre speranze a cui il governo ora si affida vengono dalla lotta all’evasione fiscale. Giustissimo colpire gli evasori prima di infierire sugli onesti. Ma, a meno di sorprese, non si capisce da quali nuovi provvedimenti dovrebbe provenire il gettito. Contro le «società di comodo» già in passato diversi ministri hanno agito: lo stesso Giulio Tremonti quando debuttò nel 1994, e a più riprese, nel 1997 e nel 2006 sotto il centro-sinistra, il suo rivale Vincenzo Visco. Ora, piuttosto che ingegnarsi a scoprire a chi davvero fanno capo ville e yacht, non si fa prima a tassare le ville e gli yacht?
La scomparsa del «contributo di solidarietà» a carico dei redditi medio-alti non sarà rimpianta. Tuttavia rispondeva in modo sbagliato a una esigenza largamente condivisa, anche in altri Paesi: far pagare ai ricchi almeno una parte degli oneri della crisi. Veniamo da anni in cui le disuguaglianze sociali si sono allargate; e proprio a causa del cattivo andamento dell’economia difettano le occasioni di investire produttivamente i capitali. Per tassare i patrimoni era disponibile un consenso ampio, perfino da parte della Confindustria.
Ma quando la politica è debole, è debole soprattutto verso i propri vizi. Trova ancor più difficile raccogliere le esigenze dei cittadini perché teme il potere dei corpi intermedi che sanno frammettersi tra l’elettorato e il Parlamento: enti locali, categorie, corporazioni varie. Aumentando le tasse certo si rischia di perdere le elezioni. A tagliare le spese si rischia di non riuscire nemmeno a fare la campagna elettorale, causa ribellione nelle proprie file (come si vede dall’atteggiamento di molti amministratori locali di centro-destra). Così si esita da entrambi i lati.
Questa debolezza viene rivelata dalla crisi; a guardare le cifre si è manifestata lungo gli anni, in un progressivo allontanamento dalle promesse della prima ora. Nella prima legislatura in cui ebbe respiro per governare, dal 2001 al 2006, il centro-destra lasciò la pressione fiscale invariata e fece crescere la spesa di due punti. Nella seconda, l’attuale, secondo i suoi stessi piani spingerà la pressione fiscale a un record storico, per coprire una spesa che anche realizzando tutti i dolorosi tagli resterà più alta di quella del 2001.

Fonte: La Stampa del 31 agosto 2011

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