• lunedì , 14 Ottobre 2024

Linea dura Ue. Ecco le sanzioni contro Gheddafi

L’Ue vara le sanzioni e accelera. L’America punta ad avere più influenza sul petrolio nordafricano. Un match delicato e senza esclusione di colpi. E non perdete una interessante testimonianza da Malta…
Il dopo Gheddafi è cominciato. Spingendosi persino oltre le indicazioni delle Nazioni Unite, l’Ue ha decretato l’embargo sulle armi dirette alla Libia e il congelamento dei beni del leader della Jamahiriyya e della sua famiglia, ai quali viene anche bloccata la possibilità di ottenere visti per entrare nel nostro continente. E’ il segnale che archivia quarant’anni di controversi rapporti con Tripoli e apre il cantiere delle future relazioni fra l’Ue, l’America, e la sponda sud del Mediterraneo. La diplomazia lavora, Obama discute nello studio ovale col segretario Onu Ban Ki-Moon la strategia umanitaria di pronto intervento senza troppe dichiarazioni, e i Ventisette di Bruxelles pensano a un vertice straordinario, da convocarsi al più presto, magari già nel corso della settimana.
La storia si è messa a correre, tanto che gli osservatori diplomatici già delineano un duello fra Europa e Stati Uniti per mettere il nastro al pacchetto con cui si vuole spedire Gheddafi tribunale dell’Aia per crimini contro l’umanità. Un questione politica, si fa notare nella capitale comunitaria, ma anche economica. «C’è in ballo il controllo del greggio libico – afferma una fonte -, è una risorsa su cui gli americani sperano da tempo di poter avere influenza». L’Europa se ne è accorta, «ora non vuole più perdere tempo». Le navi dello Zio Sam che studiano la rotta del Golfo della Sirte non gliene hanno lasciato.
Le sanzioni sono presentate come il primo passo. Il documento approvato dal Consiglio Ue prevede tre misure: l’embargo del settore delle armi e delle attrezzature antisommossa; il divieto di rilasciare i visti a 26 notabili del regime libico; il congelamento dei beni del colonnello Gheddafi, di cinque famigliari e di 20 alti funzionari. Il bando entrerà in vigore non appena sarà pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale comunitaria e potrebbe essere seguito da ulteriori misure. La Nato sta lavorando all’ipotesi di una “No fly zone” che però necessita dell’avallo del Consiglio di sicurezza Onu. I britannici la sostengono e a che l’ambasciatrice Usa all’Onu, Susan Rice concede di considerarla «attivamente e seriamente». Tuttavia, c’è chi ha dei dubbi.
«Una questione complessa», assicura l’alto rappresentante per la politica estera Ue, Catherine Ashton. L’Italia, spiegano fonti del Consiglio, non ha ancora varcato completamente il punto del non ritorno rispetto all’ex alleato libico. Anche qui la delicatezza della questione è amplificata dalle cointeressenze finanziarie, a partire dalla presenza di Tripoli dentro Unicredit (7,58%). Non è infatti per nulla chiaro se il congelamento dei beni di Gheddafi & Co. avrà effetti sulle partecipazioni finanziarie. La logica delle sanzioni è fare pressione sul leader della Jamahiriyya perché abbandoni il potere. Per questo i vincoli europei potrebbero essere stretti nelle prossime ore. Il ministero del Tesoro e la Banca d’Italia esaminano il caso.
Nell’attesa degli eventi, il tasto caldo è dell’aiuto di emergenza. Una Kristalina Georgieva piuttosto combattiva ha annunciato che l’Ue ha stanziato 3 milioni e che le operazione di sostegno fervono ai confini della Libia con Tunisia ed Egitto. «L’emergenza è tutta lì per il momento», ha detto la bulgara, commissaria Ue per l’azione umanitaria. Dopo l’incontro Obama-Ban, insolito silenzio, con Susan Rice mandata avanti a dire, che si cerca di capire «quanto l’opposizione a Gheddafi sarà coesa».
Vorrebbe saperlo anche l’Europa. Il presidente francese Nicolas Sarkozy e il premier britannico David Cameron hanno fatto sapere di voler un vertice straordinario per cristallizzare la posizione dell’Unione. Il presidente stabile Herman Van Rompuy è d’accordo, ma che è difficile fissare una data, anche perché venerdì i leader di scuderia Ppe si sono già dati appuntamento a Helsinki, e una settimana più tardi si devono rivedere a Bruxelles in formato eurogruppo.Questo è un vantaggio per gli americani. Per prendere una decisione, non hanno bisogno di tirar fuori l’agenda.

Fonte: La Stampa del 1 marzo 2011

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