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La realpolitik ora si chiama governabilita’

Ciò che conferisce alle elezioni tedesche di oggi un’importanza storica non è il fatto che Angela Merkel, come tutti prevedono, si riconfermi cancelliera. Non è nemmeno il destino dell’attuale coalizione di governo Cdu-liberali, se sarà riconfermata oppure se lascerà il posto a una Grande Coalizione Cdu-Spd (cristianodemocratici e socialdemocratici).
Ciò che rende veramente eccezionale il voto è la possibilità che per la prima volta un partito anti-euro, Alternativa per la Germania, entri al Bundestag, il Parlamento tedesco. La portata di un tale evento può cambiare per sempre la politica europea.
Sulle questioni europee una Grande Coalizione è già un dato di fatto. Tutte le decisioni degli ultimi anni sono state sostenute dall’Spd che insieme a Verdi e Linke conserverà la maggioranza assoluta al Bundesrat (il cui voto è indispensabile) fino al 2015 perfino se la Cdu vincesse tutti i prossimi voti regionali. Solo un successo elettorale di “Alternativa” cambierebbe l’intero scenario.
I sondaggi ufficiali vedono i consensi di Alternativa attorno al 4%, un punto sotto la soglia che sbarra l’accesso al Bundestag. Come i lettori de «Il Sole 24 Ore» sanno, altri sondaggi vedono Alternativa ben sopra il 5 per cento. Una rilevazione riservata, consegnata due giorni fa alla fondazione di un partito e basata su “Big Data”, stima Alternativa sopra l’8 per cento. Ieri nei palazzi del governo di Berlino regnava una nervosissima incertezza, che si scioglierà solo alle 18 di oggi. Nessuno è in grado di stimare la corrente sotterranea di ribellione piccolo-borghese – un tratto comune alla storia tedesca degli ultimi secoli – che è andata crescendo nel corso della crisi dell’euro sotto l’artificiale silenzio della cancelliera. Solo oggi si aprirà questa “stanza oscura” popolata di funzionari pubblici, pensionati e cittadini impauriti o disgustati dalla politica.
D ue sono i dati da osservare: se Alternativa supera il 5% e se ottiene più voti del Partito Liberale (Fdp). Se succederà, cambierà per la prima volta da 90 anni la rappresentanza politica della destra tedesca. Un successo troppo netto di Alternativa metterebbe alle corde la stessa cancelliera Merkel. Il suo progetto politico si dimostrerebbe sbagliato, l’insofferenza che cova nella Cdu diventerebbe molto forte. Probabilmente sarebbe l’inizio della fine politica per una donna il cui strapotere è sopravvalutato fuori dalla Germania.
È sempre stato un dogma della politica tedesca del dopo guerra non lasciar crescere partiti a destra di Cdu e Fdp. Un successo di Alternativa potrebbe spingere i liberali, forse anche frange della Cdu-Csu, verso posizioni anti-europee. Renderebbe inevitabile una Grande Coalizione, ma ciò darebbe ad Alternativa il monopolio dell’opposizione e la capacità di orientare l’intero dibattito politico tedesco. Effetti di contagio sono già visibili nella Fdp (con la proposta di togliere ad Atene la presidenza Ue) e nella Cdu (il governatore dell’Assia non ha escluso una coalizione con Alternativa, salvo correggersi). Altri contagi arriverebbero da partiti euro-scettici oltre confine. In conversazioni private il leader di Alternativa conferma di voler far ricorso sistematico alla Corte di Karlsruhe per bloccare e infine soffocare ogni decisione che la cancelliera Merkel dovesse prendere a Bruxelles insieme agli altri capi di governo europei.
Ma il partito non è unito né solido. Nessuno è mai riuscito a entrare al Bundestag al primo tentativo e non c’è stato tempo per appianare le divergenze interne, così senza una vittoria netta Alternativa potrebbe non sopravvivere. Anche se Alternativa non entrasse in Parlamento, la cancelliera ha in mente una risposta radicale ai sentimenti euroscettici. Merkel intende infatti abbandonare la tradizione europeista della Cdu. Un suo consigliere cita il piano olandese di ridimensionamento del ruolo della Commissione europea con il rimpatrio di competenze che ora sono affidate a Bruxelles, secondo una linea che punta a recuperare Londra entro il 2016 (sotto presidenza olandese della Ue) e ad aprire l’adesione di paesi del Nord Europa e alla Polonia. Merkel ritiene di poter guadagnare anche l’appoggio francese, tradizionalmente favorevole a preservare le prerogative degli Stati nazionali e ostile ai progetti federalisti.
Le recenti intransigenze della Commissione Ue nei confronti dell’Italia si spiegherebbero anche con il timore di Bruxelles per i progetti della cancelliera. Merkel proporrà accordi bilaterali tra i singoli Stati e Bruxelles, che ridurrebbero gli ambiti di decisione comune perfino al livello di capi di governo. Al consiglio di ottobre e poi di dicembre la Cancelliera vuole proporre patti bilaterali per la competitività dei singoli paesi, con la fissazione di specifiche riforme sostenute da un modesto fondo di solidarietà. Alla Commissione resterebbe il potere di controllo, ma l’indirizzo politico farebbe capo all’Esm, il fondo di assistenza a guida tedesca, privo di trasparenza e accountability di fronte all’opinione pubblica, che diventerebbe una specie di Fondo monetario europeo. Di fronte al crescente euro-scetticismo che accomuna tutta l’Europa Merkel considera la sua strategia un’ultima linea di difesa per salvare ciò che resta dell’Europa.
Ma questa strategia ha un oppositore formidabile all’interno della Cdu. Si tratta di Wolfgang Schäuble, un uomo anziano, malato e amareggiato dalle vicende personali, ma tuttora l’uomo politico più potente del paese. Dovrà lasciare (forse ad Asmussen) il ministero delle Finanze in caso di Grande Coalizione, ma resterebbe al governo per controllare dall’interno la linea europea. Non è detto che Merkel possa sopravvivere a uno scontro con l’ultimo testimone della tradizione politica tedesca. Una politica retta da convincimenti morali e non solo dal potere per il potere. E per la quale gli Stati Uniti d’Europa erano l’orizzonte ideale che doveva mettere in sicurezza le sorti di un continente pacifico, ma anche salvare la Germania da se stessa.

Fonte: Sole 24 Ore del 22 settembre 2013

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