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La libreria sarà un social network

L’ebook costringe a ripensare le strategie commerciali. Per sopravvivere quei negozi dedicati alla musica: prima i dischi di vinile, poi le cassette da walkman, infine i cd. Luoghi dove si andava ad acquistare, ma anche a scoprire, sperimentare. La ricerca di dischi rari, esecuzioni live mai sentite prima. L’ emozione dell’ ascolto con le enormi cuffie nere o infilandosi in una cabina di plexiglas. Di luoghi così, in Italia ce n’ è ancora qualcuno, ma in America sono scomparsi: inghiottiti dall’ era della musica digitale, dall’ economia del download via iTunes. I bibliofili che, davanti alla crisi di Borders e Barnes & Noble, le due grandi catene Usa della distribuzione di saggi e romanzi, cercano di convincersi che un mondo senza librerie è semplicemente impensabile, tremano al ricordo di come i negozi di Tower Records – pilastro musicale della loro adolescenza – sono stati spazzati via, anni fa, da un giorno all’ altro. Vittime di un’ irrimediabile bancarotta, come quella che sembra incombere su Borders, che ha appena annunciato di non essere più in grado di pagare i creditori. Dopo la musica e i giornali, il ciclone delle tecnologie digitali ha investito anche i libri: cambia il modo di produrli, il mestiere dell’ editore, ma anche la distribuzione, con la diffusione delle vendite online, la galoppata del libro elettronico, l’ affacciarsi sul mercato della «Espresso Book Machine»: una specie di bancomat – stampante Xerox e software Google – capace di riprodurre e rilegare in cinque minuti un volume di 300 pagine scelto in un catalogo ricco di milioni di titoli. Veramente gli scaffali pieni di tomi, l’ odore della carta e della colla, rischiano, di qui a pochi anni, di divenire una memoria del passato? La crisi è sotto gli occhi di tutti e il successo degli eReader farà crescere sempre più la diffusione dei volumi in formato digitale.
Eppure i lettori elettronici di libri, benché in circolazione da diversi anni, hanno eroso ma non soppiantato i tomi. E le stesse regole economiche, che stanno togliendo spazio alla pagina di carta, dicono anche che, finché c’ è una domanda sostenuta di un certo prodotto, sopravvive anche il relativo mercato. E, anche in piena era elettronica, quelli che non intendono fare a meno del libro fisico sono ancora un esercito. Ma Clay Shirky, grande studioso della diffusione della cultura digitale, sorride e scuote la testa:
«Non vi fate troppe illusioni: certi processi partono lentamente, ma quando le tecnologie maturano diventano improvvisamente fulminei. Amazon esiste da più di 15 anni, ma solo di recente è diventata una realtà prorompente. Dieci anni fa nessuno scommetteva sul libro digitale, anche se già allora metà degli americani andava online».
Poi, però, sono arrivati sul mercato lettori sempre più sofisticati ed economici: gli ultimi Kindle o i «Nook» di Barnes & Noble costano l’ equivalente in dollari di meno di cento euro, la qualità degli schermi è molto migliorata, l’ elenco dei titoli disponibili è senza limiti, le connessioni sono sempre più veloci. I libri, poi, si possono ormai leggere anche sui telefonini smart e sul nuovissimo iPad.
«Quando un contadino in una fattoria dello Utah ha accesso a molti più libri di quelli che vent’ anni fa potevano essere consultati da un intellettuale del Greenwich Village di New York, si può solo riconoscere che un’ epoca è finita»,taglia corto Shirky.
E non è solo questione di tecnologie digitali: anche nel mercato sempre più ridotto del libro fisico, negli Usa le grandi catene riescono ormai a vendere solo un volume su quattro: il 20 per cento è, infatti, coperto dal commercio online di Amazon, mentre metà del mercato viene divorata dai supermarket alimentari e dai grandi magazzini – catene come Wal-Mart e Target – che vendono solo bestseller ad alta tiratura, offrendo sconti imbattibili. Benché alle prese con una tenaglia destinata a stringersi sempre più gli analisti di Credit Suisse calcolano che nel 2015 la quota di mercato di Amazon negli Usa salirà al 29 per cento, il padre-padrone di Barnes & Noble, l’ italoamericano Leonard Riggio, è convinto che la sua catena riuscirà a superare la crisi e a rilanciarsi inventando un nuovo modello di business. Ma, bloccata la scalata ostile del miliardario Ron Burkle, Riggio non è riuscito a trovare altri soci per rinsaldare le finanze del gruppo, né a trovare un altro compratore. E oggi, pur continuando a scommettere sul rilancio non potrebbe fare altrimenti, visto che continua a negoziare con possibili acquirenti, ammette che il sentiero si è fatto stretto: interi settori del mercato librario – guide turistiche, mappe, enciclopedie, vocabolari – non esistono più, evaporati davanti all’ offerta gratuita di informazioni su Internet. Ma se B&N ancora si difende, cercando di arginare l’ attacco di Amazon sul fronte digitale, Borders è ormai sotto la tenda a ossigeno: nell’ ultimo trimestre ha perso 75 milioni di dollari il doppio di quanto bruciato nello stesso periodo del 2009, il calo delle vendite di libri è ormai superiore al 10 per cento e il gruppo non ha un suo eReader. La ricerca di nuovi finanziatori è fallita. L’ unico investitore che si è fatto avanti ha proposto una fusione con Barnes & Noble bocciata dagli analisti finanziari troppi negozi che si sovrapporrebbero negli stessi centri commerciali e probabilmente destinata a incorrere nel veto dell’ Antitrust. Per i quasi ventimila dipendenti di Borders che lavorano in 676 megastore, suona la campana dell’ ultimo giro. Mentre agonizzano i grandi rivenditori, qualcuno vede la luce in fondo al tunnel per le piccole librerie locali che sembravano sul punto di essere «assassinate» dalle catene: molte hanno chiuso, ma altre sono riuscite a sopravvivere difendendo una nicchia coi suoi appassionati e ora contano di tornare a respirare grazie a Google, che ha deciso di vendere i volumi della sua nuova casa editrice online Google Editions sia direttamente, sia attraverso i librai.
Per gli scettici è solo un gioco di specchi: appena avrà preso le misure al mercato, Google farà da sola, senza bisogno di intermediari. Ma c’ è anche chi pensa che, entrando in un settore nuovo con grande ritardo rispetto ad Amazon, l’ azienda californiana avrà bisogno per molto tempo del know how dei librai. In futuro potrebbe esserci ancora qualche spazio per piccoli punti vendita specializzati, mentre tra le grandi librerie sopravvivranno solo quelle capaci di diventare centri di incontro e aggregazione del popolo dei lettori: luoghi dove comprare un libro, fisico o digitale, ma anche dibattere con un autore, mangiare, organizzare un camp di lettura estiva per i ragazzi o un concorso di poesia, seguire un corso di scrittura creativa. La libreria che si fa social network affascina. Ma non c’ è già un’ altra istituzione culturale in crisi – la biblioteca pubblica – che tenta di andare nella stessa direzione?

Fonte: Corriere della Sera del 3 gennaio 2011

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