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Il vertice Bundesbank lavora per la crisi

Tra breve la Corte costituzionale tedesca dovrà pronunciarsi sul ricorso contro le decisioni di Draghi presentato dal presidente della Buba Jens Weidmann. Se fosse accolto, come egli sa bene, scatenerebbe di nuovo la speculazione contro i paesi in difficoltà: i leader di questi ultimi non hanno nulla da dire?
“Whatever it takes”, “tutto il necessario”. Con queste tre parole, pronunciate nel suo discorso a Londra nel luglio 2012, Mario Draghi aveva posto fine alla speculazione contro l’euro, cioè alle scommesse di molti operatori che la moneta europea potesse dissolversi e tornassero le valute nazionali. Erano proprio queste scommesse ad aver fatto impennare gli spread sui titoli dei paesi in difficoltà rispetto a quelli tedeschi. Il differenziale del nostro Btp rispetto al Bund aveva raggiunto anche i 500 punti, ma era chiaro che questo livello era provocato da due diverse componenti: una era il rischio-paese, cioè la possibilità che l’Italia arrivasse a ripudiare in tutto o in parte il proprio debito, ma l’altra era la possibilità di un ritorno alle valute nazionali con conseguenti svalutazioni e rivalutazioni.
L’impegno dichiarato dalla Bce ad impedire che quest’ultima ipotesi di realizzasse fu ritenuto credibile dal mercato, e infatti nel mesi successivi gli spread si ridimensionarono nettamente, nonostante che ben poco fosse cambiata la situazione economica dei paesi in difficoltà. Oggi lo spread dell’Italia (ma lo stesso è avvenuto per gli altri) viaggia sotto i 250 punti, nonostante l’economia agonizzante e la confusione della situazione politica. Significa che quella è la misura che i mercati ritengono adeguata rispetto al rischio-paese.
I mercati avevano creduto a Draghi perché, per la prima volta, la Bce aveva annunciato che gli interventi per proteggere l’euro non avrebbero avuto un limite: nessuno speculatore si mette a combattere contro una banca centrale importante dopo un annuncio del genere perché, appunto, le sue risorse sono illimitate – dato che può crearle essa stessa – e quindi contrastarla è praticamente impossibile, o, quantomeno, rischiosissimo. Dunque chi scommetteva contro la moneta europea si ritirò in buon ordine, senza che la Bce dovesse impegnare un solo euro nell’operazione. Ma tutto si regge esclusivamente su quell’impegno: “interventi illimitati”. Se invece un limite dovesse essere posto, per quanto elevato potrebbe sempre essere abbattuto dalla forza della speculazione coalizzata.
Tra pochi giorni, però, la barriera a difesa dell’euro potrebbe essere abbattuta, generando una nuova tempesta forse peggiore della precedente. La Corte costituzionale tedesca, infatti, sta per pronunciarsi su un ricorso il cui scopo è proprio quello di impedire che la Bce possa impegnarsi ad interventi illimitati, perché, affermano i ricorrenti, ciò potrebbe mettere in pericolo la stabilità dell’economia tedesca. Naturalmente la Corte di Karlsruhe non può dire alla Bce cosa deve fare, ma può stabilire che la Germania non deve aderire a interventi che non controlla, legando così le mani a Draghi e scatenando la bufera.
Ma chi è l’autore di questo ricorso che potrebbe infliggere all’euro un colpo fatale? Il partito tedesco anti-euro? L’economista Hans Werner Sinn, che ha già preso iniziative analoghe? No, stavolta è nientemeno che la Bundesbank, il cui presidente, Jens Weidmann, non ha mai lesinato gli attacchi alle mosse di Draghi. Ma una cosa sono critiche anche aspre, un’altra è dare il via a un meccanismo il cui risultato non è passibile di alcuna mediazione politica. Weidmann arriva alla Buba dalla politica, prima era un dirigente di vertice della Cancelleria: un uomo della Merkel, dunque. Possibile che abbia agito senza informare la Cancelliera, e che costei non abbia avuto niente da dire in proposito?
Perché quella di Weidmann non è una mossa tecnica, è profondamente politica, e il suo esito, come detto, potrebbe provocare la fine dell’euro. Il personaggio non è certo uno sprovveduto, e certo sa benissimo che cosa potrebbe succedere. Finora i mercati sembrano non aver dato alcun peso alla vicenda, nella generale convinzione che la Corte troverà una formula che eviti lo sfascio. Probabile, ma non certo. E resta che la più importante personalità tedesca al di fuori del governo ha mostrato di essere non solo nemica dell’euro, ma anche pronta a provocare enormi difficoltà a molti dei paesi partner. La signora Merkel ha taciuto, e già questo è un fatto singolare. Ma che anche gli altri leader europei interessati non abbiano avuto nulla da dire, questo è davvero incredibile.

Fonte: Affari e Finanza del 28 ottobre 2013

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