• martedì , 14 Maggio 2024

Dalle origini al 1948 ecco la storia dell’Iri

Èuscito con un tempismo straordinario il I° volume della “Storia dell’ Iri” (cui ne seguiranno altri cinque, dopo questo a cura di Valerio Castronovo, tutti per i tipi della casa Laterza). Tempismo che balza agli occhi sol che si rifletta sulla coincidenza tra la Grande crisi degli anni 30 e la via allora scelta dall’ Italia, di uscirne affidando il compito a una nascente industria pubblica. Per la verità Castronuovo sembra di parere diverso. “La nascita, scrive, dell’ Istituto per la ricostruzione industriale, lungi dal rappresentare la risposta estemporanea ad una crisi di portata mondiale, tardivamente approdata ad un’ economia relativamente arretrata, costituiva in realtà il punto di arrivo di un percorso caratterizzato non solo da un supporto statale, apparentemente irrinunciabile al faticoso processo di industrializzazione del paese, ma anche dal crescente ricorso allo Stato quale finanziatore (di solitoa fondo perduto) di salvataggi bancarie industriali di portata sempre più vasta. “Allo Stato imprenditore, infatti si perviene attraverso approssimazioni successive, con un percorso tutt’ altro che graduale e lineare, costellato di emergenze e di interventi straordinari, puntualmente definiti temporanei, che finivano per trasformarsi, in altrettanti – salti di qualità – dell’ interventismo statale”. Che poi questa tesi di Castronovo sia quella giusta è rimasto argomento di dibattito tra quanti hanno visto nella struttura di finanziamento e nel metodo di funzionamento della nuova struttura che veniva nascendo un nuovo modello di interventismo pubblico, specifico dell’ insorgente ideologia fascista, oppure l’ esito di una serie di sperimentazioni successive, più o meno casuali, sia nell’ ambito della Banca d’ Italia, attraverso valori convogliati tramite l’ Istituto liquidazioni industriali, sia attraverso i vari enti, ideati nel decennio precedente – come l’ Icipu e il Crediop – le cui sigle ricorreranno nella storia industriale dei decenni successivi. Chi come noi infonde un significato presceltoe non casuale alla strategia fascista, ravvisa nella rivisitazione idealee pratica operata da Alberto Beneduce un’ opera di vasto respiro che affianca il disegno di un intervento pubblico specificamente italiano alle iniziative messe in atto dai regimi totalitari in altri Stati europei (vedi Germania hitleriana e Urss). Si tratta di una tematica interazionale scarsamente esplorata in rapporto alla Grande crisi. Naturalmente l’ ampiezza dell’ opera edita da Laterza è tale da consentire solo qualche rapido cenno, soprattutto per quanto concerne l’ altro grande filone dell’ intervento pubblico, la legge bancaria, la separazione fra banca e impresa, le iniziative messe in atto dalla necessità che la guerra imponeva di come rispondere a una domanda che nel settore siderurgico, elettrico e tessile aumentava ogni giorno. Le guerre fra Credit, Comit e gli altri istituti (Perrone, Gualino, Agnelli) risultarono comunque estremamente pesanti e generarono non poche precauzioni nella Banca d’ Italia. Seguiranno i capitoli difficili, gestiti come ministri, prima da De’ Stefani, poi da Volpi di Misurata per portare la lira a quota novanta nei confronti con la sterlina. Operazioni che spinseroa numerose concentrazioni bancarie, cui si aggiungeva un gran numero di fallimenti, cosicché tra il 1926 e il 1929 risultarono scomparse, a una prima statistica per difetto, 153 società di credito ordinario. Chi si è appassionato in questi ultimi tempi ai film americani, sulla crisi di Wall Street, da “Too big to fail” a “Margin Call”, scorrendo il primo volume della “Storia dell’ Iri”, non può che essere sollecitato dallo spirito di appassionata avventura industrial-finanziaria che scaturisce dalla evocazione delle origini 19331948. Il materiale è molto, ordinato in modo esemplare, premessa degli altri capitoli che seguiranno. Un progamma di letturee di studi destinati alla curiosità e allo spirito di ricerca degli studiosi ma anche di tutti gli amanti della storia d’ Italia.

Fonte: Repubblica del 18 giugno 2012

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