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Atene pronta a impegnare i gioielli

Ancora pressione sulla Grecia. «E’ chiaro che deve intensificare gli sforzi correttivi per poter rispettare le condizioni a cui è vincolato il pagamento delle prossime tranche finanziarie», avverte Juergen Stark, il membro del direttivo della Bce. E’ l’alfiere della linea dura tedesca, ma non il più deciso, visto che a Berlino l’ex ministro degli Esteri, il socialdemocrati-co Steinmeier, insiste nel dire che un’uscita di Atene dal-l’Eurozona «non deve essere esclusa». Ma è un’ipotesi che quasi tutti continuano a negare e di cui i ministri economici dell’Eurogruppo, che si riuniscono questa sera a Bruxelles, giurano di non voler parlare nemmeno nella riservatezza dei corridoi.
Non ci sono più riunioni facili per i guardiani dell’economia continentale. Stasera tocca loro fare i conti con il quasi crac ellenico, con la richiesta di condizioni più morbide per l’assistenza al debito e la prospettiva di una nuova iniezione di liquidità da 25 o 30 miliardi per l’anno venturo, oltre i 110 miliardi già ottenuti da Ue e Fmi. «Le situazione impone la disponibilità a trattare con Atene – assicura una fonte europea -. Il problema è quali sono le ulteriori condizioni da porre, visto che non se ne potrà fare a meno».
Fra le ipotesi quella di un piano di piena privatizzazione delle public utilities sui che il governo Papandreou, per quanto a fatica, pare disposto a trattare. Difficile che domani pomeriggio, quando si sarà riunito anche l’Ecofin in formazione a Ventisette, si abbia un orientamento preciso. Tutti, come continua a sottolineare il commissario per l’Economia 011i Rehn, attendono l’esito della missione della Troika Ue, Fmi e Bce.
«Non possiamo prendere alcuna delibera senza sapere come qual è il vero stato delle finanze greche», ha detto ieri una fonte diplomatica. Tuttavia è attesa una qualche sorta di dichiarazione di principio a sostegno di Atene. La quale, come ha evidenziato Rehn venerdì, «ha comunque già ottenuto importanti risultati» di risanamento.
Rientrato i: dissidio coi finlandesi, che hanno finalmente eliminato la loro riserva, non dovrebbe sollevare troppi problemi la messa del sigillo sul piano da 78 miliardi a sostegno del Portogallo.Il problema è altrove, è nell’insieme dalla strategia e della sua credibilità. «L’Europa non avrebbe dovuto ridurre il suo intervento a sostegno dei paesi in crisi a. ultima risorsa – ha detto a La Stampa Alessandro Leipold, ex dirigente del Fmi e ora consigliere della think tank bruxellese Lisbon Council -. In determinate condizioni avrebbe offerto maggiori risultati intervenire al nascere della crisi e non aspettare che la situazione si deteriorasse».
Spinoso il discorso sul pacchetto di sei misure per il miglioramento della governance economica e finanziaria, sul quale gravano duemila emendamenti in in parlamento europeo che vuole fare vedere i muscoli, anche a rischio di far perdere un anno (il 2012) all’insieme dei provvedimenti. Occorre verve politica, qui come nella chiusura della corso al vertice della Bce, che in ottobre sarà liberato dal francese Jean Claude Trichet. In pole posizione è il governatore della Banca d’Italia Mario Draghi, che ha ottenuto il consenso forte di Francia e Germania. Oggi arriverà, salvo colpi di scena improbabile, un consenso costruttivo in vista del vertice europeo del 24 giugno che dovrà pronunciare l’ultima parola. Qualche chiacchiera ssi farà anche sul caso Strauss Kahn che era atteso oggi a Bruxelles. La corsa per il successore al Fmi è già cominciata.

Fonte: La Stampa del 16 maggio 2011

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