• giovedì , 5 Dicembre 2024

Vi svelo le ultime contraddizioni di Luigi Di Maio sul reddito di cittadinanza

di Giuliano Cazzola

Evidentemente Carmelo Barbagallo era troppo coinvolto nell’importanza dell’evento ( in fondo era stato il primo ad inaugurare il nuovo superministro dello Sviluppo economico e del Lavoro, al Congresso della sua organizzazione) per accorgersi che Gigino Di Maio, dalla tribuna, gli stava raccontando come fosse sua intenzione inventare al più presto qualche cosa di molto simile all’acqua calda.

Se avesse prestato più attenzione, il leader della Uil, dall’alto della sua veneranda età, si sarebbe accorto che, in materia di lavoro, il “cambiamento’’ annunciato era soltanto la riproposizione, in malo modo, di quanto esiste ed è operante – sia pure attraverso successive modifiche – da decenni.

Il neo ministro non poteva non srotolare la bandierina del suo Movimento politico: il reddito di cittadinanza. Ma sarà stato per l’attitudine di voler parlare “a braccio’’ (o forse per tener conto di coperture più sostenibili) Di Maio – consapevolmente o inconsapevolmente – ha fornito dell’istituto prediletto una versione diversa dal solito e, in verità, un tantino edulcorata.

Vediamo come l’intervento del ministro è stato ripreso dai media ed analizziamone il contenuto, perché le parole hanno un senso ed esprimono dei concetti precisi: (il reddito di cittadinanza, ndr) “Non è dare soldi a qualcuno per starsene sul divano. Ma è dire con franchezza: hai perso il lavoro ora ti è richiesto un percorso per riqualificarti e essere reinserito in nuovi settori”.

Ecco perché non basterà formarsi, cercare attivamente un’occupazione. In cambio del reddito minimo, “dai al tuo sindaco ogni settimana 8 ore lavorative gratuite di pubblica utilità”. Dunque il lavoro socialmente utile sarà ‘conditio sine qua non’ per ottenere l’assegno’’.

A questo punto, come nei racconti dell’Ottocento, occorre compiere “un passo indietro’’: che cosa stava scritto in proposito nel contratto giallo-verde (il documento che il presidente Conte – che parla correntemente l’inglese – definisce “paper yellow and green’’)?

Ecco qua: ‘’La misura si configura come uno strumento di sostegno al reddito per i cittadini italiani che versano in condizione di bisogno; l’ammontare dell’erogazione è stabilito in base alla soglia di rischio di povertà calcolata sia per il reddito che per il patrimonio. L’ammontare è fissato in 780,00 Euro mensili per persona singola, parametrato sulla base della scala OCSE per nuclei familiari più numerosi’’.

In sostanza, quando si identifica una condizione di bisogno si fa riferimento non solo ai disoccupati (ovvero alle persone che ‘’perdono’’ il lavoro), ma anche agli ‘’inoccupati’’ (ovvero a coloro che il lavoro non lo hanno ancora trovato) e più in generale ai poveri. Nei progetti ‘’grillini’’ il reddito di cittadinanza sarebbe dovuto intervenire, pure, ad integrazione delle retribuzioni inferiori della magica soglia.

Prendendo alla lettera il ministro Di Maio, la nuova prestazione altro non sarebbe che una misura a sostegno della condizione reddituale del disoccupato e di politiche attive per il suo reinserimento nel mercato del lavoro. Perbacco! Ma che fine ha fatto la Naspi, l’ammortizzatore sociale che in applicazione del dlgs n.22 del 2015 (in attuazione del jobs act) ha sostituito l’Aspi (la quale a sua volta aveva preso il posto della indennità – di antico conio – di disoccupazione e di mobilità)?

A dire il vero la Naspi è persino più conveniente del reddito di cittadinanza “grillino’’, come risulta dalla scheda seguente.

 


SCHEDA: le regole della Naspi

Requisiti d’accesso: status di disoccupato; almeno 3 settimane di versamenti contributivi nei 4 anni precedenti la disoccupazione; almeno 30 giorni di lavoro effettivo (a prescindere dal minimale contributivo) nei 12 mesi precedenti l’inizio del periodo di disoccupazione.
Calcolo e misura della prestazione: la Naspi è rapportata alla somma degli imponibili previdenziali degli ultimi 4 anni, divisa per il numero di settimane di contribuzione e moltiplicata x 4,33 (per rapportarla a mese)
• se il reddito mensile di riferimento (RMM) è = o < a 1.195 euro ( nel 2015) l’indennità è pari al 75% • se RMM è > di 1.195 euro, la prestazione è pari al 75% di tale importo + il 25% della differenza tra RMM e 1.195 euro
• massimale mensile: 1.300 euro (rivalutabili)
• décalage: -3% mensile dal IV mese (Aspi: -15% dopo 6 mesi che si somma a -15% dopo 12 mesi)
Esempio di calcolo:
• Retribuzione mensile di riferimento (RMM):
• 1.600 euro lordi
• a) 1.195,00 x 75% = 896,25 euro
• b) 405,00 (1.650-1.195) x 25% = 101,25 euro
• Totale Naspi (che non è sottoposta a prelievo contributivo ex art. 26 l. n. 41/1986):
• 896,25 + 101,25 = 997,50 euro
• La contribuzione figurativa è rapportata alla RMM entro un limite pari a 1,4 l’importo massimo mensile della Naspi per l’anno in corso.
Durata:
• l’indennità è concessa mensilmente per un numero di settimane pari alla metà di quelle oggetto di contribuzione negli ultimi 4 anni (quindi per un max di 2 anni);
• era previsto che dal 2017 la Naspi fosse concessa per un max di 78 settimane (18 mesi). Questo limite è stato abrogato dall’art. 43 comma 3 del d.lgs. n. 148/2015. Così resta confermata la durata massima di 24 mesi anche per gli eventi che si verificheranno dopo il 1° gennaio 2017.
Condizionalità:
• Permanenza dello stato di disoccupazione.
• Regolare partecipazione alle iniziative di attivazione lavorativa e ai percorsi di riqualificazione professionale proposti.

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Ma Luigi Di Maio ha voluto addentrarsi ancora di più nella scoperta dell’acqua calda. Nell’ordinamento giuridico, grazie al dlgs n. 150 del 2015 esiste ed è operante anche un Assegno di ricollocazione, a favore dei soggetti disoccupati, percettori della nuova prestazione di assicurazione sociale per l’impiego (Naspi), la cui disoccupazione ecceda i quattro mesi.

La somma, graduata in funzione del profilo di occupabilità, sarà spendibile presso i Centri per l’impiego o presso i soggetti accreditati a svolgere funzioni e compiti in materia di politiche attive del lavoro. L’assegno non costituisce reddito imponibile. Ancora, i lavoratori titolari di strumenti di sostegno del reddito possono essere chiamati a svolgere attività di servizio nei confronti della collettività nel territorio del Comune di residenza. L’utilizzo dei lavoratori in tali attività non determinerà l’instaurazione di un rapporto di lavoro. A questi lavoratori spetterà un importo mensile, pari all’assegno sociale, erogato dall’Inps.

Ci fermiamo qui, per carità di patria, dovendo purtroppo constatare che i ministri del ‘’nuovo che avanza’’ non conoscono neppure la legislazione dei settori di cui sono titolari.

Perché meravigliarsi? La competenza è divenuta un ‘’disvalore’’, una prerogativa di quelle élites che sono state messe alla gogna proprio perché erano consapevoli di ciò che si era fatto o si stava facendo. Ma dopo il discorso di Di Maio, che pretende di legiferare in peggio su quanto è già previsto, comprereste da lui un’auto usata?

Fonte: www.startmag.it - 23 giugno 2018

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