• domenica , 19 Maggio 2024

Sembrava un marziano, poi…

“I conti su Marchionne si faranno alla fine, ma se quando è arrivato come salvatore della Fiat mi è sembrato un marziano che sovvertiva le nostre regole stantie, ora mi sembra piuttosto un prestigiatore. Solo che non si sa ancora se nel cappello c’è davvero un coniglio, oppure no”. Salvatore Bragantini, ex commissario Consob, è un osservatore attento delle vicende di Torino, sulle cui mosse non nasconde qualche perplessità.
Quali sono i passi falsi di Marchionne?
“In Fiat, in passato – e qui non c’entra Marchionne – è mancato il coraggio di investire le somme necessarie per avere una gamma completa di modelli. E’ questo il grande problema del gruppo. Non mi pare che Marchionne possa, o voglia, invertire la tendenza. Un’impresa automobilistica richiede una continuità d’investimenti, che Fiat non ha mai praticato. Faccio solo un esempio: sulla Cayenne la Porsche ha scommesso un miliardo di euro, ed è stata un successo. Guardi a Torino cosa succede sull’Alfa Romeo: dalla bizzarra idea di un suv Alfa per gli Usa, alla sua cancellazione, in una totale confusione. In queste condizioni sarebbe meglio vendere l’Alfa alla Vw, che promette di costruire una nuova fabbrica ad Arese”.
E’ la Fiat che ha salvato la Chrysler o è viceversa?
“Fiat da sola era destinata ad essere assorbita da qualcuno. Marchionne sembra aver cambiato il gioco, puntando sul rilancio. Però credo che cercherà sempre di farla assorbire, solo in modo accettabile. Così la quota della capogruppo scenderà fino a diventare un investimento finanziario, che si può tenere o vendere, a seconda delle convenienze. Se Fiat avesse preso Opel, l’obiettivo sarebbe stato centrato da subito. Con Chrysler, ci si è avviati su quella strada”.
Il “Corriere della sera” ha calcolato le stock option di Marchionne: 255 milioni in 70 mesi, oltre a uno stipendio di 6 milioni l’anno. E’ un guadagno appropriato?
“No, anche se non esiste un criterio oggettivo di valutazione di una prestazione, nessuno può valere questa somma”.
Le regole volute in fabbrica da Marchionne sono giuste?
“In Italia ha preteso modifiche contrattuali senza impegnarsi né ad alcun investimento (Fabbrica Italia è un libro vaporoso), né a condividere con i lavoratori parte dei profitti. Ciò detto, quel che ha estorto ai sindacati va nella direzione di un riallineamento della competitività. Il problema della Fiat, però, non è il sindacato, ma il prima – progettazione e investimenti – e il dopo: fare auto che il mercato compra”.

Fonte: Espresso del 3 Ottobre 2011

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