• mercoledì , 23 Ottobre 2024

Ora l’energia europea

La scelta non nucleare di Angela potrebbe cambiare le sorti dell’Europa?
C’è chi storce il naso e sostiene che «ora la Germania porta la sua agenda nazionale in Europa», chi teme conseguenze disastrose per la lotta all’effetto serra provocate da un aumento massiccio del ricorso al carbone, chi afferma l’esatto contrario prevedendo, «grazie a Berlino, una corsa verso fonti più alternative e rinnovabili», e chi – infine – ricorda che si tratta di un piano decennale e, dunque, «in dieci anni può succedere di tutto».
Certo è che la scelta (politica) verde di Frau Merkel non sarà scevra da conseguenze per un’Europa che orienta la politica energetica con una mano sola. Sul nucleare, i Trattati hanno scelto la piena neutralità, demandando agli stati la decisione sul mix di risorse. Atomo, pala o acqua, per Bruxelles in teoria pari sono. A patto, ed è questa la vera attribuzione di cui si è dotata l’Unione, che ci siano i requisiti di sicurezza e il rispetto dell’ambiente. Niente da dire sulle centrali, insomma, purché siano garantite.
L’Europa ha voluto lasciare alle capitali molte questioni di rilevanza strategica e bene ha fatto: non sarebbe concepibile che fosse un club di capi di stato e di governo a dire che un paese deve usare o meno il nucleare. Avrebbe però dovuto essere più efficace nello stabilire il terreno di gioco continentale. Troppe volte le differenze e l’attenzione a questa o quella lobby hanno dimezzato i risultati. Il sistema delle quote di Co2 è un pasticcio, come sdentati rischiano d’essere i controlli di sicurezza sugli impianti, decisi dopo la quasi catastrofe nipponica.
L’Ue è la casa degli accordi bilaterali che aggirano le divergenze senza epilogo, priva persino d’una rete comune che permetterebbe di far circolare il gas all’interno del mercato in caso di crisi comune. Ha obiettivi ambientali ambiziosi e decisi all’unanimità che nessuno vuole pagare. Ha, secondo le recenti analisi, più di una centrale vecchia fra molte di ultima generazione che va tonificata. Il dietrofront della Germania può avvertire della necessità d’una ripartenza, qualcosa che lasci le opzioni di fondo ai governi nazionali, ma armonizzi e renda compatibile tutto ciò che è possibile, con serietà e impegno vero. Ci vuole che l’unione faccia la forza perché i cittadini hanno bisogno di approvvigionamenti sicuri e a buon mercato. Che faccia la forza e non sia solo una ragione per dividersi e continuare a litigare, come se si potesse essere sicuri che il clic che illumina una stanza o accende la tv sia scontato per l’eternità.

Fonte: La Stampa del 31 maggio 2011\

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