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Modesta proposta per il lavoro

Come dare un’ altra chance a seicentomila giovani disoccupati
I nostri giovani meritano una seconda chance. I dati sfornati dall’ Istat sull’ occupazione in Italia ci hanno confermato in questi giorni come un giovane su quattro non lavori, il 26,8%. In termini assoluti dovrebbero corrispondere a più di 600 mila unità, almeno secondo una recente stima della Confartigianato. Dai dati che si dispongono sui coetanei, che a differenza loro hanno trovato comunque lavoro, risulta che il 52% sia in possesso di un diploma di scuola superiore e il 4% di una laurea breve. Si può pensare che il profilo sia grosso modo lo stesso anche per gli inoccupati. Ergo, si tratta di giovani che hanno terminato il ciclo di studi ma evidentemente stanno pagando sulla loro pelle la sfasatura tra formazione e mondo del lavoro. Hanno sottovalutato il lavoro manuale e si trovano in possesso di un titolo di studio che non apre loro nessuna porta. Per inciso va detto che la sfasatura in questione è destinata a protrarsi nel tempo perché anche i fratelli minori degli attuali disoccupati continuano nel 2010 a preferire l’ iscrizione ai licei (+3,6% rispetto all’ anno scorso) e a snobbare gli istituti tecnici (-1,4%) e i professionali (-2,2%). C’ è dunque un ampio lavoro da fare per «rivalutare» il lavoro manuale (senza per altro indulgere nella facile retorica) ma nel frattempo non si possono abbandonare i nostri 600 mila al loro destino. Se hanno fallito la prima chance, ne va generata un’ altra. Come? Guai a ragionare su formazione e mercato del lavoro in chiave di «piano nazionale», occorre invece rapportarsi ai territori e alle loro specificità economico-produttive. Ci vuole una strategia articolata e che punti a coinvolgere i soggetti reali e non le burocrazie. La domanda va dunque girata alle associazioni industriali e artigiane nel Nord che dovrebbero farsi carico di piani straordinari di formazione destinati a far fronte al fabbisogno di tecnici che continua a manifestarsi nelle aziende manifatturiere e che il sistema scolastico non riesce a soddisfare. Sicuramente realtà come Varese e Treviso, solo per indicarne due, sarebbero in grado di montare l’ operazione in stretta sinergia tra associazioni e imprese. È una «modesta proposta» che però nel metodo ha il pregio di essere in forte discontinuità con gli errori del passato.

Fonte: Corriere della Sera del 2 settembre 2010

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