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L’incapacità di serrare le file. Male comune di Industriali e Piccoli

È troppo presto per capire che futuro avrà la nascita dentro Confindustria di una corrente denominata «Impresa al centro», legata ad Alberto Bombassei e di fatto contrapposta al presidente designato Giorgio Squinzi. In passato non era mai successo che dopo una campagna per il rinnovo del vertice gli sconfitti non deponessero le armi. L’ episodio si presta ad esaltare il genere giornalistico del retroscena ma vale la pena tentare di ragionare più in profondità. Anche perché le difficoltà di Confindustria sono, se non altro, parallele a quelle di Rete Imprese Italia e, se vogliamo spingerci sull’ altra sponda, simili alla difficile convivenza tra la Cgil di Susanna Camusso e la Fiom di Maurizio Landini. Verrebbe da dire che quando si sente la necessità di serrare le file, tutto invece si divide in due. Dietro l’ alzata di scudi dei cosiddetti bombasseiani c’ è un’ evidente incapacità della Confindustria ad operare una sintesi tra una buona fetta del Nord manifatturiero e i grandi gruppi delle ex Partecipazioni statali, tra le esigenze di continuità organizzativa e la necessaria discontinuità culturale. Anche Rete Imprese Italia non vive uno dei suoi momenti migliori: è significativo che il meeting di Cernobbio, con l’ indubbio successo mediatico che ha avuto, sia stato organizzato da una sola associazione (la Confcommercio) senza coinvolgere le altre. In più le differenti priorità di commercianti e artigiani si fanno sentire e rendono anche in questo caso più difficile la reductio ad unum. In Cgil poi la Fiom si comporta come una repubblica autonoma, capace di condizionare sulla riforma del lavoro le scelte della confederazione o addirittura di entrare in rotta di collisione come nel caso Tav. È chiaro che l’ azione del governo Monti e la messa tra parentesi della concertazione hanno minato le rendite di posizione della rappresentanza e in qualche maniera ne hanno acuito le contraddizioni interne. Per rispondere a tono le organizzazioni d’ impresa e del lavoro dovrebbero reinventare (in corsa) le modalità stesse del proprio mandato. Se poi si è pigri non ci si può lamentare dello strapotere dei tecnocrati.

Fonte: Corriere della Sera del 29 marzo 2012

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