• sabato , 27 Luglio 2024

La riforma “anti casta” del vitalizio ai parlamentari è seria e incisiva

Ad accelerare una decisione operativa sul destino dell’assegno vitalizio è stata un’iniziativa del ministro Elsa Fornero nei confronti dei presidenti delle Camere. Il Governo – ha osservato il ministro, in occasione di un incontro da lei sollecitato – ha intenzione di applicare, con il criterio del pro rata, il sistema contributivo a tutti i lavoratori a partire dal prossimo 1° gennaio. Pur nell’ambito dell’autonomia costituzionale del Parlamento sarebbe opportuno – ha aggiunto – che i deputati e i senatori mandassero un chiaro segnale nelle medesima direzione. L’iniziativa della Fornero si è inserita nel contesto di processi già in corso.
La Camera aveva deliberato il superamento, a partire dalla prossima legislatura, dell’assegno vitalizio e la sua sostituzione con un regime pensionistico simile a quello operante nel mondo del lavoro. Analoga delibera era stata assunta, nei giorni scorsi anche da Palazzo Madama. A Montecitorio, il collegio dei Questori aveva costituito una commissione composta da un deputato per ogni gruppo (chi scrive è incaricato di coordinarla) con il compito di avanzare una proposta da sottoporre all’Ufficio di Presidenza, in tempi utili a definire la nuova disciplina entro l’anno in corso. Nel comunicato conclusivo dell’incontro (i Presidenti erano stati informati di quanto stava maturando nella commissione) è stata tracciata l’architettura della riforma: a) introduzione dal 1° gennaio 2012 del sistema contributivo che opererà per intero per i deputati e i senatori che entreranno in Parlamento dopo quella data e pro rata per quanti esercitano attualmente il mandato elettivi; b) dalla stessa data i parlamentari cessati dal mandato potranno percepire il trattamento di quiescenza non prima del compimento del 60mo anno di età per quanti abbiano esercitato il mandato per più di un’intera legislatura e al compimento dei 65 anni di età per coloro che abbiano versato i contributi per una sola intera legislatura. In sostanza, l’assegno vitalizio morirà prima del tempo. Le norme in vigore continueranno a valere fino a tutto il 2011. Dal 2012, anche i parlamentari avranno una pensione con le regole del sistema contributivo: aliquota contributiva del 33%, requisito anagrafico minimo di 5 anni effettivi, accredito del montante contributivo, coefficienti di trasformazione, aggancio automatico all’attesa di vita, sistemi ordinari di rivalutazione del montante e delle prestazioni e quant’altro incluso negli ordinamenti pensionistici degli italiani. Il trattamento previsto nella XVI legislatura sarà la somma di due distinti periodi: 3,5 anni circa calcolati con i ratei dell’assegno vitalizio ragguagliati all’indennità in vigore e 1,5 anni computati con il metodo contributivo.
Domani, si riunirà la commissione allo scopo di varare un documento operativo in vista della riunione dei due collegi dei Questori fissata per mercoledì. Come sempre accade quando si affrontano queste riforme la coda del diavolo sta nelle norme che regolano la fase di transizione, soprattutto in un contesto ingarbugliato come quello dell’assegno vitalizio per il quale si intrecciano veri e propri ‘regimi di legislatura’ che i parlamentari si sono portati appresso anche quando sono intervenute delle modifiche. Basti pensare che, solo a Montecitorio, secondo le regole vigenti, avrebbero il diritto di percepire il vitalizio al compimento del cinquantesimo anno di età una trentina tra ex deputati e deputati in carica, se cessati dal mandato, e circa 200 (ex e in carica) prima dei sessanta anni. La commissione aveva ipotizzato un allineamento più graduale a 65 anni nell’arco di tre legislature. Altri malumori sono stati espressi da deputati più giovani, di prima legislatura, che lamentano l’entità dei sacrifici a loro carico, a fronte della sopravvivenza – a loro avviso – di troppi privilegi a favore di colleghi di lungo corso. Ma è abbastanza improbabile una modifica delle decisioni contenute nel comunicato dei presidenti.
Anche sul fronte esterno il nuovo sistema, oltre ad apprezzamenti quasi a malincuore, ha suscitato polemiche, invero ingiuste ed immotivate. Cominciamo dalle teorie totalmente abolizioniste di un trattamento previdenziale per i parlamentari. A parte ogni altra valutazione di carattere politico (o, se vogliamo, anche etico), una considerazione di ordine giuridico a noi sembra incontrovertibile: in Italia tutte le tipologie di reddito da lavoro sono sottoposte non solo a tassazione, ma anche a prelievo contributivo; e danno pertanto luogo ad una forma di pensione. Non si capisce perché dovrebbe essere esclusa da questa regola la sola indennità dei parlamentari. A questo proposito, è bene poi ricordare che, quando nel rapporto contributivo entrano due soggetti, la ripartizione del contributo è ragguagliata in ragione di 2/3 a carico del dante causa (datore, committente, ecc.).
Si dice, pertanto, che, con il nuovo modello, la Camera dovrebbe sostenere, ex novo, una quota di contribuzione (circa il 24%) a carico del suo bilancio. Un costo in più, dunque. Tale constatazione nasce o da disonestà o da ignoranza o da un difetto di informazione. E’ stato scritto, in questi mesi di polemiche contro i , che i deputati versano un’aliquota dell’8,56% contro il 33% dei lavoratori dipendenti. Non è così. Non solo non è corretto mettere a confronto un’aliquota complessiva con una che è carico di una sola delle parti, ma anche adesso la Camera sopporta l’onere di un’aliquota implicita molto maggiore del 24%. Basti pensare che oggi Montecitorio incassa, all’anno, 12,5 milioni di versamenti contributivi dai deputati e spende circa 130 milioni. In pratica vi è un rapporto tra entrate e spesa di uno a dieci.
Quando la riforma andrà a regime – tutte le riforme previdenziali hanno tempi lunghi – il rapporto sarà pari ad uno a tre-quattro. Diminuirà, conseguentemente, in maniera crescente il dei deputati. I principali risparmi deriveranno dall’elevazione del requisito anagrafico a 60 anni (visto il numero notevole degli interessati) e dalla riduzione dell’importo delle future pensioni rispetto a quello dei vitalizi (si stimano ‘tagli’ che vanno da 500 ad oltre 2mila euro mensili lordi a seconda del numero di legislature e dell’età: in pratica si tratta di riduzioni sui nuovi assegni pensionistici compresi tra un terzo e la metà, rispetto all’importo dei vitalizi). Questi concetti meritano di essere meglio spiegati.
Quale è la funzione di un’aliquota contributiva in un sistema previdenziale? Nel sistema retributivo, serve a determinare quanto il titolare dell’obbligazione contributiva è tenuto a versare all’ente pubblico di previdenza obbligatoria a cui il lavoratore è iscritto; nel modello contributivo, svolge in più la funzione di individuare il montante da accreditare al lavoratore. Nel caso della Camera e del Senato, opera la liquidazione diretta dei trattamenti. Ne deriva, dunque, che cambia – con oneri inferiori – soltanto la modalità di calcolo del trattamento: in precedenza si trattava di una percentuale dell’indennità (una sorta di metodo retributivo); dopo la riforma, al parlamentare sarà accreditato (in toto o pro rata) – ogni anno – il 33% della indennità (di cui il 9% circa sarà oggetto di una ritenuta a suo carico). Per quanto riguarda le Camere, si verificherà soltanto un cambiamento nella intitolazione delle risorse che già vengono impiegate nell’ambito del modello-assegno vitalizio.

Ma la spesa diminuirà anche per un altro motivo: cambierà la normativa della reversibilità, dal momento che, secondo le regole generali, le future prestazioni saranno proporzionate al reddito dei soggetti che le percepiscono. Un altro cambiamento importante sarà determinato dai criteri di rivalutazione degli assegni erogati. Oggi, per gli assegni vitalizi, esiste una sorta di clausola-oro, nel senso che mantengono l’aggancio all’evoluzione delle indennità dei parlamentari in corso di mandato. A riforma compiuta, opererà un sistema di rivalutazione automatica delle prestazioni legata al costo della vita sulla base delle regole vigenti per tutti i pensionati (e dei cambiamenti che tali regole potranno subire). Come si vede la riforma è seria ed incisiva. Per quanto riguarda, poi, i vitalizi già erogati potranno essere stabiliti contributi di solidarietà allo scopo di garantire un equilibrio più equo del sistema.

Fonte: Occidentale del 5 dicembre 2011

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