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I sogni del Cavaliere

Il retroscena della trattativa sulla lettera italiana con Herman van Rompuy. “Silvio, Ora puoi esaudire il tuo desiderio”. E il problema della credibilità..
La trattativa s’è iniziata una settimana fa, alla vigilia del primo dei due vertici europei sulla crisi dell’euro. La diplomazia felpata del Consiglio ha recapitato a Palazzo Chigi la prima bozza di conclusioni del summit, nella quale si chiedevano impegni decisi e precisi per la sostenibilità del debito e la scossa alla crescita. Silvio Berlusconi ha avuto un sussulto. «E’ uno scandalo, che proposte mi fate?», risulta abbia detto nel corso d’una telefonata comunque amichevole col presidente stabile dell’Ue, Herman Van Rompuy. Poi via col racconto di una Italia solida e impeccabile nel rispetto dei patti.
Lo scontro con Angela Merkel e Nicolas Sarkozy era a quel punto ancora da venire, e così l’ultimatum di domenica che poi ha sortito le 17 pagine della lettera recapitata l’altro ieri a Bruxelles. Nelle istituzioni europee si registrava solo il malessere per il profilo di un’Italia «certo affetta più da una crisi di credibilità che da malanni finanziari esagerati», un sistema considerato da molti come l’anello debole della catena in caso di una nuova tempesta legata ai debiti sovrani. L’accorto Van Rompuy ha spiegato tutto ciò al premier che lo ascoltava dall’altro capo del filo. Ha chiesto interventi puntuali anche nel calendario. Composta la reazione: «Sappiamo di dover fare più che in passato.
Prima di questo, Berlusconi aveva sventagliato la teoria tremontiana della sostenibilità – quella basata sul debito privato basso e sull’attivo primario -, ed era tornato a parlare del passivo ereditato dai dissipatori del passato. Inflessibile Van Rompuy, per il quale «i debiti della Dc e dei socialisti sono roba di vent’anni fa», dunque non un alibi, sopratutto per non intervenire sulla struttura del sistema paese. «Ho sempre voluto fare le riforme», lo ha rassicurato il Cavaliere. «Bene – ha insistito il fiammingo -. Ora puoi esaudire il tuo desiderio».
La situazione è poi precipitata. Il dossier italiano è diventato il sesto argomento di un programma che il Consiglio europeo del giorno della festa aveva immaginato in cinque punti. Sabato sera i leader della famiglia popolare hanno fatto pressing su Berlusconi perché mettesse sul tavolo qualcosa di realmente tangibile. Domenica mattina, il doppio bilaterale con Van Rompuy e Barroso, quindi con Merkel e Sarkozy, ha seminato il germe che ha acceso la polemica della lettera di intenti scritta e spedita mercoledì. «Polemiche in buona parte inutili – spiegano fonti diplomatiche -, perché in questa fase è grottesco dire che l’Italia si trova a un passo dal fallimento».
I problemi sono altri. A Bruxelles, dietro richiesta di anonimato garantito Tripla A, si illustrano le sensazioni che il Bel paese suscita nei partner attraverso l’analisi comparata con l’economia spagnola. «Roma ha più debito, ma è più sostenibile – si sottolinea -. Il deficit è inferiore. Entrambi i sistemi sono strutturalmente deboli. Rispetto a un anno fa, la situazione italiana non è cambiata di molto e i nodi sono stati amplificati dalla mancanza di interventi che ha fatto crollare la credibilità complessiva». Madrid, al contrario, «ha disegnato delle misure e segue un piano. Sebbene più debole, mostra affidabilità».
Ecco perché ora le azioni del nostro governo saranno seguite con la massima attenzione da Bruxelles. Il piano per le riforme e la crescita è considerato «un punto di partenza». I punti principali sono stati inseriti nelle conclusioni del vertice e ora sono scolpite nella pietra. La Commissione è stata incaricata di controllare. «Su date e agenda vigileremo grazie alla governance rafforzata appena approvata», puntualizza una fonte dell’esecutivo Ue. Sorvegliati speciali, ancora una volta. Con la sensazione che, in caso di deragliamento, potrebbe non esserci una prova d’appello.

Fonte: La Stampa del 27 ottobre 2011

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