• martedì , 14 Maggio 2024

Euro, tante domande nessuna risposta

LE DOMANDE si susseguono a cascata, quasi che rivolgersi a un giornalista sia analogo oggi a interrogare la Pitia, con alcuni secoli di ritardo. Tanti gli interrogativi, soprattutto sull’ oscuro destino dell’ euro, cui non corrisponde alcuna risposta. Né la Pitia o la Sibilla possono più soddisfare la richiesta oracolare, né oggi qualcuno si attende che si attivi il computer di ultima generazione per dirci i numeri giusti. S’ intuisce, però, che l’ ordine attraverso il quale automaticamente veniva assicurato il movimento degli scambi, sottopostoa troppi sforzie torsioni speculative, è andato all’ aria. I sacerdoti – oggi travestiti da economisti di Harvard – tentano di soddisfare i quesiti, pur se si sforzano di costruire qualche colpevole cui addossare i danni immediati. Così la Germania, come “genio del male”, si presta ad ogni accusa, tanto che oggii greci le chiedono di rimborsare il “furto” del Partenone. E chissà che non ci riescano. Forse bisognerebbe inventare un linguaggio corrente, capace di tradurre in idioma comprensibile, gli esoterici teoremi bancari che alla fine di ogni Vertice vengono ammanniti ad un pubblico che ormai non li tollera, neppure riassunti da stanchi cronisti addetti alla bisogna. Eppure c’ era un tempo, venti o trent’ anni orsono, in cui il discorso politico europeo si declinava tra adulti letterati e adusi allo scambio delle idee. Attorno a queste si dibattevano opposte opinioni e, talvolta, venivano prese delle decisioni. Cose del passato, come la buona educazione che mai avrebbe consentito ad un tal Giorgio Squinzi che siede sulla poltrona di presidente di Confindustria, dove si succedettero Costa, Gianni Agnelli e Guido Carli di qualificare come “bojata” una legge del governo. Forse tutto sta a non abituarsi al pubblico turpiloquio, Piuttosto conforta la ripresa di senso regalataci dalla “Repubblica delle Idee” dove è stato riportato all’ onor del mondo il discorso pubblico europeo, riproponendo, ad esempio, il quesito centrale del piano Delors, quando l’ allora presidente della Commissione di Bruxelles al Vertice finale del 1993 presentò un progetto di rilancio dell’ Unione e un Libro bianco sulla crescita, l’ occupazione e l’ impiego che portasse per la fine del secolo la disoccupazione dal 10,6 al 5%. Erano previsti investimenti per 500 miliardi di Ecu entro il 2000 in progetti riguardanti i trasporti, le telecomunicazioni, l’ energia, le nuove biotecnologie (l’ Ecu era la moneta di conto provvisoria in vista dell’ euro e l’ ammontare previsto avrebbe corrisposto all’ incirca a 750.000 miliardi di lire). La discussione animò l’ idea di una ripresa dell’ Europa per tutto il periodo che seguì e anche se si concluse con la sconfitta dei “programmatori”, vide la partecipazione animata di economisti, politici, manager, sindacalisti, intellettuali delle varie correnti di pensiero che ponevano la costruzione europea al centro dei loro disegni politici. La concretezzae la passione progettuale li animavano. Ora solo a parlarne ci sembra di rievocare un mondo ormai lontano che va avanti a luci oscurate con vecchie musiche di sottofondo. Come ho appena ricordato la prima edizione della “La Repubblica delle Idee” ha conosciuto un successo sorprendente e un ritorno insperato a quel tipo di dibattito culturale che rendeva immediatoe scintillante l’ incrociarsi dei pensieri contrapposti. È riemerso un nuovo spartito con le note di un universo che era andato sperdendosi e ricercava appuntamenti di riferimento. Come era stimolante una volta di più il disaccordo consapevole e la speranza che i punti di vista tornasseroa far vivere la diversità! Non nascondo un qualche mio narcisismo, come quando mi trovai faccia a faccia ad esprimere un rispettoso disaccordo nei confronti di alcuni temi proposti da Sir Anthony Giddens, “inventore” della “terza via” ed ispiratore di Tony Blair. Parlò di “governo mondiale”, “governance” del cambiamento climatico e ripropose il carattere “insulare” degli inglesi, come ostacolo all’ adesione della Gran Bretagna al Mercato comune. Eppure anche da queste parole emanava una nostalgia apprezzabile.

Fonte: Repubblica del 25 giugno 2012

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