• sabato , 27 Luglio 2024

Contro il terrorismo serve una risposta ferma di istituzioni, media e sindacati

Ci mancava soltanto la discesa in campo del terrorismo. Si era capito subito dopo l’attentato dal manager dell’Ansaldo Roberto Adinolfi, anche se le istituzioni avevano tenuto un atteggiamento prudente, molto discutibile, come se cercassero di allontanare da sé un altro grave problema in più nascondendo la testa sotto la sabbia alla maniera degli struzzi.
Addirittura il ministro Anna Maria Cancellieri, in Aula alla Camera, aveva indicato una possibile terza pista all’esame degli inquirenti: quella commerciale legata agli interessi di Ansaldo nel campo dell’energia nucleare. Ecco perché Adinolfi è rimasto solo sul suo letto di dolore. Era opportuno aspettare gli eventi, perché, se veramente la gambizzazione fosse stata un effetto collaterale di un affare con qualche Paese dell’Est europeo che non ha ancora messo al bando l’energia maledetta, essere solidali con la vittima dell’attentato (al di là di qualche dichiarazione alle agenzie) avrebbe potuto creare problemi di consenso in un Paese ormai prigioniero dell’odio e alla caccia di tutti i simboli che in una qualche misura evochino un tentativo di cambiamento.
Il comportamento più vile è quello dei sindacati che scioperano solo dopo aver preso atto che la matrice è terroristica. Se fosse stata se ne sarebbero lavate le mani anche se si fosse trattato di lavoro per le maestranze. Poi sono arrivate le rivendicazioni; e il Governo ha mandato dei chiari segnali di allarme, rafforzando gli strumenti di intelligence (con la nomina a sottosegretario di De Gennaro) e non escludendo addirittura l’impiego dell’Esercito, a difesa degli obiettivi sotto tiro. La preoccupazione del Governo è sacrosanta.
Nelle attuali condizioni del Paese, la consistenza e l’intensità delle azioni del terrorismo dipendono solo da un dato di fatto che ci è sconosciuto (speriamo ne abbiano contezza i Servizi): il livello di preparazione militare (armamenti, basi logistiche e d’appoggio, risorse economiche, nuclei di fuoco) di cui i gruppi eversivi dispongono. Sono soltanto questi aspetti che possono impedire che si torni rapidamente all’andazzo degli anni di piombo, perché il contesto in cui il terrorismo può agire a suo agio è assicurato, ben più che negli anni ’70, da un’opinione pubblica forcaiola a cui sono stati consegnati, da processi mediatici irresponsabili, i presunti di tutti i loro mali. C’è in giro troppa comprensione per un disagio sociale che si esprime tirando bombe Molotov davanti gli uffici di Equitalia. Se a Napoli la Polizia bastona dei facinorosi che vogliono assaltare un edificio pubblico le tv accreditano con troppa facilità – in un’area dominata dai poteri malavitosi – che i manifestanti sono povera gente oberata dalle tasse.
A me è capitato, su L’Occidentale e su Tweeter, di criticare il gesto di Luigi Martinelli, l’energumeno che, nel bergamasco, ha dato inizio agli assalti ad Equitalia. Con mio grande stupore ho raccolto quasi tutti commenti critici, come se io non avessi capito la realtà del Paese. E che dire dei politici? Dell’odio che è stato seminato nei loro confronti, come se, per risolvere la crisi ci fossero alternative a portata di mano, che, chissà mai perché, non si vogliono assumere? Ci si accorge che il Governo Monti adotta le medesime misure con le quali prima si è cimentato Silvio Berlusconi. Che sono poi più o meno le stesse che i Governi hanno deciso in tutta Europa.
Il disorientamento cresce con le difficoltà del Paese.Ci si meraviglia di Beppe Grillo quando il comico genovese nei suoi comizi racconta, con anni di ritardo, quello che hanno scritto in libri di grande successo (anche per il reddito dei loro autori) alcune delle migliori e meglio retribuite dell’editoria e dei media. Ed è comprensibile che la confusione sia tanto grande, almeno come l’incertezza del futuro. Ma non è accettabile che quanti avrebbero il dovere di orientare e di informare correttamente, diventino i protagonisti principali della disinformazione.
Prendiamo – anche a costo di essere incompresi – il caso dei suicidi. Le statistiche dicono con chiarezza che non ci troviamo in presenza di dati anomali sia per quanto riguarda i numeri assoluti sia le categorie. Eppure agli italiani si fa credere che sia in corso un’ecatombe di suicidi per effetto ora della crisi, ora delle tasse. Il fatto è che rifiutiamo di misurarci con la realtà. Ci piace credere che esista un nutrito gruppo di Paperoni, grandi evasori, esportatori di capitali e detentori di gran parte della ricchezza del Paese. Basterebbe arrivare a loro per evitare di tagliare le pensioni e di far pagare il canone tv a Luigi Martinelli e, magari, per mettere in cassa integrazione i dipendenti di Equitalia, facendo delle cartelle esattoriali un bel falò nelle piazze d’Italia.
Ma se è vero che il gettito evaso nel BelPaese è pari ad oltre 120 miliardi, sarà mai possibile che per venirne a capo basti scoprire e perseguire gli Al Capone del fisco? Per presentare siffatte dimensioni l’evasione è un fenomeno di massa e come tale va affrontato e represso. Non c’è un castello da espugnare, ma un ampio territorio da bonificare, per poter prendere d’assalto anche il castello. Si dirà che io me la prendo con i bottegai e assolvo i rentiers. Ma è accettabile che l’economia di intere regioni del Paese stia nel sommerso? Se si volesse dare un’informazione corretta sarebbe il caso di approfondire, una volta tanto, i motivi di un campione di cartelle di Equitalia. Si dice che molte siano cartelle e si lamenta che prima di fare ricorso occorre pagare. Sono aspetti questi che vanno rivisti e corretti. Anche in tali casi però vanno studiate le dimensioni e la natura del fenomeno. E deve essere reso più snello ed operativo il contenzioso.
Ma è il contesto a fare paura. Vanno abbassati i toni, riconsiderati i rancori. Negli anni ’70 il terrorismo fu sconfitto, nonostante la sua potenza di fuoco, perché il sistema poggiava su istituzioni pubbliche e private che, nonostante tutto, si rilevarono solide. Oggi la società è troppo disgregata; non reggerebbe se la guerra politica e sociale senza quartiere, già aperta da anni al suo interno, cedesse ora la parola alle armi.

Fonte: Occidentale del 14 maggio 2012

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