• martedì , 5 Novembre 2024

Unione bancaria al palo

L’Ecofin non si accorda sulle regole pe ri salvataggi bancari. Fumata nera a Lussemburgo Ancora una questione di flessibilità. Nuova riunione mercoledì prossimo.
L’Europa delle banche non avanza. I ministri delle Finanze dell’Ue non sono riusciti a definire un accordo sulle regole per i salvataggi e il fondo di risoluzione, lo strumento che consentire di gestire d’intesa le crisi creditizie, ovvero i due strumenti che rappresentano la seconda fase del progetto di Unione bancaria necessario per garantire la tenuta e la stabilità del sistema finanziario continentale. La vigilanza unica affidata alla Bce è il momento di decollo della nuova Unione, è deciso nelle sue grandi linee e dovrebbe partire al massimo entro il 2014. Il meccanismo per i “fallimenti ordinati” dovrebbe venire subito dopo. La terza fase consiste nel lancio di uno schema di garanzia unico per i depositi.
Diciotto ore di negoziati non sono bastate a trovare una posizione comune nella notte di Lussemburgo. I ministri del Consiglio Ecofin si sono ridati appuntamento per mercoledì, sessione convocata all’insegna del “o la va, o la spacca”, visto che il giorno dopo si riuniscono i leader europei che dovranno dare un impulso decisivo all’Unione bancaria.
Sebbene il ministro delle Finanze francese, Pierre Moscovici, abbia dichiarato che “siamo al novanta per cento del cammino”, i punti di dissidio sono numerosi e variegati. Essi vertono principalmente sul livello di flessibilità con cui i creditori e i risparmiatori legati alle banche in crisi debbano parteciperà al salvataggio della stessa. Secondo più fonti, il nocciolo della questione è il desiderio di numerose delegazioni di avere un sistema costruito su misura per sé, piuttosto che uno che medi sulle necessità di tutti.
Il soliti falchi del Nord, guidati dalla Germania, ritengono che il livello di flessibilità concesso debba essere limitato. Altri, fra cui la Francia e alcuni ministri fuori dell’Eurozona, invocano maggiore elasticità, anche se per ragioni differenti. ”Se una banca è in difficoltà – spiega una fonte di questa cordata – l’imposizione di una cura ferra può portare direttamente al fallimento che, altrimenti, può essere evitato con cure più blande”.
Come successo una settimana fa con la cultura, è stata la Francia a tenere duro e a costringe al rinvio. Questo segnala uno stato d’animo rinnovato per Parigi, e non proprio un buon clima sull’asse con Berlino.
La proposta iniziale intavolata dalla presidenza irlandese, secondo una fonte europea, proponeva un bail out (partecipazione al salvataggio dei contribuenti e degli investitori) di almeno l’8 per cento delle attività a rischio. Il resto diveniva discrezionale ma con regole ferree. Nella notte il testo risulta essere diventato sempre più vago e alla fine si è rinunciato ad andare avanti. Poco prima delle quattro la riunione è stata interrotta.

Fonte: La Stampa del 22 giugno 2013

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