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“Sicuri che va tutto bene? La crisi non è finita…”

«La crisi non è finita. Adesso diciamo che tutto va bene, ma siamo sicuri?». Se a Calalzo di Cadore Giulio Tremonti s’arrampicava sui sentieri della politica nazionale, a Parigi si rituffa nell’oceano degli scenari globali. L’occasione è una conferenza internazionale su Nuovo mondo, nuovo capitalismo. Il ministro dell’Economia ritorna su un tema che ha sempre cavalcato: la genesi della crisi, originata dalla speculazione privata e non dalla politica. La grande depressione dell’altro secolo, osserva, «fu gestita usando il danaro dei contribuenti per finanziare l’economia reale, le imprese e le famiglie. La grande depressione di questo secolo è stata gestita usando il danaro dei contribuenti per finanziare le banche. E quindi con le banche è stata salvata la speculazione. Risultato? Siamo quasi tornati al punto di partenza».
Tremonti tiene a marcare la differenza fra noi e la maggior parte degli altri Paesi, dove i bilanci pubblici sono stati appesantiti dai salvataggi bancari. «Per fortuna – precisa – non è il caso dell’Italia, dove abbiamo usato pochi soldi per le banche (i cosiddetti Tremonti bond), che sono in via di restituzione». Insomma, siamo lontani anni luce da situazioni come quella irlandese, con le prime quattro banche del Paese nazionalizzate per evitarne il fallimento. Negli ultimi anni si è posto troppo l’accenno sui budget e i debiti pubblici, quando invece la crisi è arrivata dal settore privato. «Non si può più pensare che se un business va bene ci sono i dividendi, mentre – aggiunge – se non va bene la responsabilità è limitata».
E così, in Europa e nel mondo non c’è ancora nulla di scontato. Tremonti ricorre alla metafora, già utilizzata in passato, del videogame per spiegare la situazione: «Vedi un mostro, lo combatti, vinci, sei rilassato. E invece ne compare subito un altro, più forte del primo». In questo quadro di incertezza, che cosa può fare l’Europa? Il ministro dell’Economia cita Winston Churchill, una frase pronunciata dallo statista britannico nel 1946, contemplando le rovine del dopoguerra: «Che l’Europa risorga». Se si guarda al futuro geopolitico, spiega Tremonti, è evidente che la competizione non è più fra Paesi ma fra Continenti. La stessa crisi ha di fatto annullato le frontiere economiche, il contagio è stato vasto, e dunque «il rischio è senza confini». C’è un blocco nordamericano, uno asiatico, uno sudamericano, mentre l’Europa «è un mondo ancora non unito».
In Europa è in atto un grande cambiamento politico e istituzionale: «È finita l’Europa degli Stati nazione, e bisogna far prevalere una logica federale». Il ministro dell’Economia vede in atto un processo che si fonda sul ruolo più attivo della Banca centrale europea, sul fondo di stabilizzazione finanziaria (il fondo salva-Stati, che evolverà in un meccanismo più stabile), sulla disciplina di bilancio in tutti i Paesi. A questo dovrebbe aggiungersi, secondo Tremonti, il lancio degli eurobond. Quella delle obbligazioni europee garantite da tutti gli Stati, proposta finora contrastata dalla cancelliera Angela Merkel, non è una scelta tecnica ma «politica», afferma il nostro ministro, e saranno i parlamenti, quelli nazionali e quello europeo, a discuterne.
A favore degli eurobond tremontiani si schiera il primo ministro greco George Papandreu. Dopo aver assicurato che un fallimento del suo Paese «non è in programma», afferma che i titoli europei «potrebbero essere uno strumento in più per risolvere la crisi del debito in Europa».
Ma adesso la sfida continentale riparte dalla stabilizzazione finanziaria e dalla governance europea. Tremonti ne discute con la padrona di casa, il ministro delle Finanze Christine Lagarde, che illustra gli obiettivi principali della presidenza francese del G8 e del G20: riforma del sistema monetario internazionale, riforma del mercato delle materie prime, governance mondiale. Le crisi «brutale e profonda alla quale siamo riuscite a resistere – si chiede la Lagarde – potrà servire da catarsi, aiutando a risolvere gli squilibri dell’economia mondiale»? Il cancelliere dello Scacchiere britannico George Osborne è più pragmatico: l’Unione europea deve dimostrare di saper mettere ordine nelle economie dei Paesi membri; e, aggiunge, «deve convincere che i Paesi dell’euro sono in grado di assicurare la stabilità».

Fonte: Il Giornale del 7 gennaio 2011

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