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Se l’Enel deve far fronte a 60mila cause da 1 euro

Repubblica (15/7) ha dato notizia dei compensi che l’ Enel ha versato alla moglie di Alfonso Papa, avvocato in Napoli ora inquilino di Poggioreale, per averne curato gli interessi in centinaia di controversie. Se ne parliamo è perché il caso richiama la denuncia che facemmo su queste pagine sulle migliaia di “cause seriali” all’ Inps del valore di qualche euro per gli interessati ma di migliaia di euro di spese legali. Ora la Fondazione Astrid ha discusso uno studio sulle interdipendenze tra giustizia ed economia, curata da Giovanni Salvi e Renato Finocchi Ghersi, da cui esce confermato che una parte straordinariamente rilevante del carico della giustizia dipende da comportamenti strumentali di legali e di privati che utilizzano le inerzie o le inefficienze dei grandi enti per trarne profitto. Dopo l’ Inps è l’ Enel uno dei casi più clamorosi. L’ 8 giugno 2011 cinque giudici della Corte di Cassazione e un Procuratore generale si sono dovuti occupare di 169 ricorsi di utenti contro l’ Enel ciascuno relativo a domanda di risarcimento del valore di un euro. Secondo l’ Enel vi sarebbero ben 60.000 cause di contenuto identico attualmente pendenti soprattutto in Campaniae Calabria, tutte del medesimo valore. Le cause sono rimaste separate una dall’ altra, una per ogni euro. Ciò moltiplica le spese processuali e i compensi del giudice di pace. Questa è solo la punta dell’ iceberg. La Corte di Cassazione, caso unico in Europa, è affogata da decine di migliaia di cause civili, la maggior parte delle quali di valore o di significato irrisorio. Molte di esse sono causate dall’ inefficienza della PA e dalla mancanza di volontà di dare risposta in tempi brevi. Studi professionali all’ uopo attrezzati sfruttano queste inefficienze per instaurare cause di scarsissimo valore, ma che porteranno lauti guadagni per le spese processuali. Il 35,39% dell’ intero contenzioso della Corte vede come parte una pubblica amministrazione. Se vi si aggiungono Poste Italiane spa si arriva al 41,92%. Il carico che incombe sulla Sezione lavoro della Corte è composto dal 27% dalle cause pendenti delle Poste, mentre il 19,98% riguardano l’ Inps. In totale il 46,98%. Ma la Cassazione è solo rappresentativa del dato globale. L’ Italia ha da sola lo stesso numero di cause civili che hanno insieme Francia e Spagna (2.825.543 contro 1.688.367 e 1.169.750). Di qui l’ enorme arretrato, nonostante i giudici italiani producano di più dei loro colleghi europei. Solo affrontando di petto questa realtà si può parlare di una giustizia efficiente. Rimedi contingenti possono aggravare il disastro, come la legge Pinto, nata per risarcire i cittadini peri danni causati dai ritardi e diventata anch’ essa occasione di comportamenti strumentali, con la conseguenza che si è arrivati al punto di sentenze per legge Pinto su procedimenti già relativi alla stessa legge Pinto: una Pinto al quadrato. Nel 2010 i procedimenti dinanzi alle Corti d’ Appello per Equa riparazione in caso di violazione del termine ragionevole del processo sono stati circa il 15,7 % dei procedimenti sopravvenuti e nonostante il forte aumento delle definizioni (+ 22,7%) non si riesce a tener dietro alle nuove cause. Migliaia di procedimenti, attualmente circa 5.000, poi, intasano la I sezione civile della Cassazione (11% dell’ intero contenzioso civile della Corte) e generano anch’ essi altri procedimenti di legge Pinto. Questi non sono dati di natura. È possibile cambiarli, con interventi drastici, concordati tra magistratura ed Enti, purché nella salvaguardia dei diritti dei cittadini. I primi risultati non mancano. Il presidente dell’ Inps, Antonio Mastrapasqua, ha già fornito i dati del primo semestre del 2011, relativi al distretto di Foggia, nel quale si concentrò il primo intervento riformatore: i ricorsi sono diminuiti dell’ 88,39% (da 44.598 a 5.179). È questa la riforma della Giustizia non le insultanti trovate di Berlusconi.

Fonte: Repubblica del 25 luglio 2011

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