• sabato , 5 Ottobre 2024

Riformismo municipale della Sea a Serravalle

Un consiglio: se vi trovate a cena con un sindaco o a pranzo con un assessore non pronunciate le parole “patto di stabilità”. Se vi scappano il pasto è rovinato, per voi e per il vostro ospite. Perché si aprirà la cateratta e nulla riuscirà a fermarla, né la proposta di una fetta di crostata né quella di un digestivo. Hanno ragione, sindaci e assessori, quella camicia di forza messa anche a chi non se la merita sta rendendo ingestibile e improgrammabile l’attività degli enti locali. Blocca gli investimenti, riduce al minimo le manutenzioni, condanna le città ad un progressivo impoverimento della qualità fisica e di quella dei servizi, e quindi alla fine della qualità sociale e civile.
Ma il digiuno, se non troppo prolungato, qualche effetto positivo rischia di averlo. L’epicentro è Milano, dove l’amministrazione più di sinistra della storia della città la sta trasformando in una culla del riformismo: dal comunismo municipale stiamo passando a sperimentare il riformismo municipale. Fatto di conti e di scadenze ma ancora di più di finanza e di politica industriale.
I corni del problema che il sindaco Giuliano Pisapia e il suo assessore al bilancio Bruno Tabacci stanno affrontando sono quattro: autostrade, aeroporti, trasporto locale e utility. La molla è la cassa, il bisogno urgente di incassare 350 milioni per chiudere il bilancio, ma il metodo è sofisticato. Ha senso che comune (e provincia) facciano i gestori autostradali? E, elemento non secondario, hanno le risorse per finanziare i nuovi progetti? Se la risposta è no allora meglio vendere, fare cassa ovviamente, e trovare investitori con le spalle larghe in grado di sostenerne lo sviluppo.
Per gli aeroporti la sfumatura cambia, Si può cedere la quota che eccede la maggioranza assoluta, sempre per fare cassa, ma non ci chiude nessuna porta, né quella della quotazione in Borsa né quella di alleanze con altri soggetti per una integrazione degli aeroporti del nord (magari guardando verso est) per strutturare una offerta passeggeri e merci che sia più efficiente.
Il trasporto locale è un’altra cosa, e lì la strategia è di rendere concreto il concetto di area metropolitana mettendo insieme in qualche modo Atm (del Comune) e Trenord (di Regione ed Fs), facendone un’azienda di dimensione europea e allo stesso tempo organizzando più efficacemente il servizio per i milioni di persone che ogni giorno entrano ed escono da Milano.
Infine le utility, e qui il discorso si allarga, l’ambizione del progetto aumenta: perché non unire A2a di Milano e Brescia con la Iren di Torino e Genova e la Hera di Bologna e dell’Emilia per farne un gruppo da 12 miliardi di euro di fatturato, in grado di investire e competere internazionalmente? Con i vantaggi di dare respiro alle aziende allentando la pressione dei potentati locali su ciascuna di esse, di risparmiare sui costi e anche di poter ridurre le quote che ciascun comune ha, senza che il complesso dei comuni azionisti diventi marginale.
La cassa, è il messaggio, è importante, ma visto che dobbiamo farla, proviamo a farla in maniera intelligente, mettendoci dentro un po’ di visione, di politica industriale, cogliendo opportunità di sviluppo, creando operatori di dimensioni e capacità competitiva internazionali.
Vedremo come andrà a finire, ma intanto una qualche contaminazione comincia a vedersi. Il comune di Torino ha anch’esso problemi di bilancio, tanti debiti e investimenti in corso da finanziare. E partecipazioni. La Gtt, trasporto locale, che è stata risanata e rilanciata ed ha allargato il suo campo d’azione anche fuori dal comune; l’Amiat, che gestisce la raccolta dei rifiuti; la Trt, che sta costruendo il termovalorizzatore; insieme ai Benetton e ad altri azionisti la Sagat, che gestisce l’aeroporto di Torino; una importante partecipazione in Iren, più altre cose minori. La scelta già fatta è di conferire tutte le partecipazioni nella Fct, la Finanziaria del Comune di Torino, che farà da holding, e poi di valorizzarle, per fare cassa ma non solo. Questa settimana si entrerà nel vivo delle strategie e già si intravede un dualismo tra chi privilegia la cassa soltanto e chi spinge per fare di questo passaggio una occasione per operazioni di sviluppo e di politica industriale.
La partecipazione nella Sagat è bloccata fino al 2013 da un patto con gli altri azionisti, ma per Gtt (trasporto locale), Amiat (rifiuti) e Trt (termovalorizzatore) la decisione già presa è che la Finanziaria alla quale sarà conferito il 100% delle prime due e il 95% della terza, cederà il 40% di ciascuna. Il problema di cui si discuterà questa settimana è il come. L’urgenza di incassare rapidamente è forte, anzi imperativa, ma fondamentale (e rivelatore) sarà il metodo prescelto, perché da esso dipenderà se la cessione di quei tre pacchetti del 40% ciascuno sarà una semplice vendita oppure anche il primo passo di un progetto più ampio.
E poi c’è Iren. I colloqui con Milano e Bologna sono cominciati, con molta prudenza ma senza preventive chiusure. Quelle arriveranno quando molte poltrone cominceranno a scottare e siamo già in attesa di sentire le solite cose sul rapporto con il territorio e il controllo della cittadinanza, fondamentali argomenti per vigilare la qualità e l’efficacia del servizio, sempre usati invece per proteggere le poltrone. Ma l’aria è cambiata, ogni euro è prezioso, questa volta più del campanile forse “potrà il digiuno”.

Fonte: Affari & Finanza del 14 novembre 2011

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