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Obama si commuove e ritrova il contatto con l’america in lutto

A Tucson la cerimonia per le vittime Cerchiamo di rendere la politica meno faziosa, discutiamo con più civiltà Dobbiamo fare in modo che questo Paese sia fedele alle attese dei bambini.
«Addio Christina. Se ci sono pozzanghere di pioggia in cielo, lei adesso ci sta correndo dentro, come le piaceva fare sulla terra. Noi che restiamo qui dobbiamo costruire un Paese degno del suo animo gentile, dello spirito felice di questa bimba: cerchiamo di rendere la politica meno faziosa, discutiamo con più civiltà, facciamo in modo che la democrazia americana funzioni bene come lei si immaginava». È alla fine del suo lungo discorso che l’ altra notte a Tucson Barack Obama ha mostrato un raro momento di commozione. Niente lacrime come quelle del leader repubblicano Boehner o di Hillary Clinton: solo un nodo alla gola, gli occhi bassi, una pausa più lunga. Ma è bastato per ricreare un po’ di sintonia tra il presidente e un popolo che spesso lo percepisce come troppo distaccato e «professorale». La cerimonia che si è svolta in Arizona non segnerà una svolta paragonabile a quella prodotta, 15 anni fa, dalla commemorazione di Bill Clinton dopo la strage di Oklahoma City. Allora il presidente democratico abbracciò tutto il Paese in una cerimonia solenne dopo un eccidio che aveva prodotto solo condanne unanimi. Stavolta la strage di Tucson ha fornito lo spunto per nuove polemiche tra destra radicale e sinistra «liberal» che ha messo sotto accusa il linguaggio «incendiario» dei «Tea Party». E nel McKale Center della University of Arizona il presidente si è trovato davanti una folla che, tra magliette commemorative dell’ evento e «buuu» di riprovazione all’ indirizzo della governatrice (repubblicana) dello Stato, sembrava desiderosa di partecipare più a un comizio che a un’ orazione funebre. Obama ha provato a tenere insieme le due cose: ha dato la notizia del risveglio dal lungo coma di Gabrielle Giffords («ha riaperto gli occhi per la prima volta»), ha raccontato le storie umane di ognuna delle vittime, si è soffermato sui gesti di coraggio degli «eroi» che hanno provato a fermare il folle omicida. Ma ha parlato anche della necessità che l’ America riprenda il cammino più unita, lasciandosi alle spalle i conflitti alimentati da un dibattito politico eccessivamente polarizzato. Un tasto difficile da toccare: il presidente poteva rischiare l’ accusa di voler sfruttare politicamente una tragedia. Ma stavolta nessuno l’ ha messo sotto accusa: perfino i commentatori della rete televisiva conservatrice Fox, in genere duri con lui, hanno apprezzato il suo discorso. Merito certamente dei toni concilianti, di un invito a deporre le armi degli eccessi dialettici rivolto a tutti senza distinzioni, ma anche della scelta di trasmettere il suo messaggio politico all’ America dandogli la veste dei sogni e delle attese infantili di una bambina: quella Christina Green che a nove anni aveva già grandi progetti per il suo futuro. Obama sogna un’ America che, per onorarla, smetta di consumarsi in contrapposizioni sempre più rabbiose. Ma la tregua di questi giorni finirà già la prossima settimana, quando alla Camera riprenderà di dibattito sulla soppressione della riforma sanitaria del presidente, voluto dai repubblicani.

Fonte: Corriere della Sera del 15 gennaio 2011

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