• martedì , 10 Dicembre 2024

Non dare è meglio che dare e poi dover togliere

Le difficoltà che incontriamo oggi non solo per tagliare la spesa pubblica, ma persino per frenarne l’aumento, dovrebbero essere di grande insegnamento per i governi dell’avvenire. Occorre evitare di aumentare la spesa pubblica nelle fasi congiunturali di vacche grasse, perché poi – quando il ciclo sarà delle vacche magre – si dovrà fatalmente ridurla. Tremonti, sopranominato negli ambienti europei “Monsieur je sais tout”, oggi rifiuta l’idea del ciclo congiunturale. Parla di rivolgimento e di vera “crisi”. Forse ha ragione. Saranno comunque lacrime e sangue. Tremonti ha sbagliato a scialare nelle prime fasi del suo potere alla corte berlusconiana e a non predisporre freni agli sprechi. Basta guardare all’inflazione di università (e di laureati facili, tutti disoccupati) ed alle diecine di migliaia di “ricercatori” imboscati a beccare stipendi ed a non fare nulla, ciò quando manchiamo di artigiani di ogni tipo. Ho letto di un offerta di lavoro non esaudita per 146 mila unità. Alla giornata del Risparmio Tremonti ha parlato di 400 mila. Altro che precari…Gli italiani hanno risparmiato molto, l’80% è proprietario della casa dove abita ed oggi la maggioranza dei cittadini si comporta come se composta da ricchi. La povertà relativa, che misura diseguaglianze di reddito rispetto a quello medio (e non , come molti credono, chi è sul lastrico) nel 2009 è stata solo del 13,1% dell’intera popolazione senza peggioramenti sul 2008, malgrado la cosiddetta crisi. Forse Tremonti ( tributarista e un tempo consigliere anche del socialista Formica, il picconatore del segreto bancario) ha voluto farsi apprezzare, compiacendo soprattutto statali, regioni ed enti locali. Il suo collocamento politico vicino alla Lega ha anche contribuito a falsare la sua ottica. Il risultato sono le difficoltà di oggi che forse, agli inizi, non immaginava di dover affrontare. Certo, nessuno pensava che avremmo dovuto subire una recessione mondiale dalla quale l’Italia non poteva certo sfuggire. Forse si presumeva che le nostre esportazioni sarebbero state sostenute da un euro che pareva destinato, agli inizi, ad essere più debole del dollaro.
Nessuno credeva,peraltro, che il pessimismo artatamente diffuso dall’opposizione in funzione anti-berlusconiana avrebbe subissato l’ottimismo ufficiale del governo. “Tutto va mal, madama la Marchesa” hanno continuato a ripetere i vari ex-compagni, e poi Bersani, Bindi (ed ormai anche Fini), ospiti quotidiani degli schermi della RAI e dei tanti altri canali satellitari creati dal centro-sinistra, cui gli italiani si abbeverano. Ed ogni critica, ogni male è sempre regolarmente attribuito al Premier costretto così a perder tempo a difendersi dalle reiterate accuse: Secondo il centro-sinistra, l’unico rimedio al male presente sarebbero le dimissioni del Premier. Come tutti i salmi finiscono in “gloria”, così tutte le accuse da sinistra finiscono in “Berlusca, vai via!”. Il resto non interessa. Questo pessimismo ha avuto indubbiamente il sopravvento ed oggi sta frenando gli investimenti di non pochi imprenditori, soprattutto quelli più invecchiati e organicamente inclini ad aver più paure dei giovani. Ma i giovani italiani, se si esclude il numero crescente che va a studiare all’estero, soffrono della ineducazione derivante da un mentalità derivata da troppi anni di predominio dei sindacati. Invece di crearsi un lavoro o un’attività produttiva guardando a ciò di cui la gente ha bisogno ed imparando un mestiere o professione in questa ottica, i giovani cercano il posto che “altri” dovrebbe creare. A loro volta, molte imprese sono a caccia delle nuove sovvenzioni, ossia di aiuti pubblici dati a man salva ai datori di lavoro che non licenziano. Così facendo, si mantiene in busta paga un numero crescente di dipendenti non necessari. Costoro accrescono il denominatore della formula dove al numeratore c’è il valore della produzione realizzata dai lavoratori e così contribuiscono ad evidenziare un calo della produttività media del lavoro che non esisterebbe se i dipendenti in sopranumero fossero stati licenziati (ne ho già scritto molte volte in relazione all’art.18 dello Statuto dei Lavoratori).
Se non avessimo aiutato le imprese a non licenziare, avremmo avuto un pesante calo dei consumi e la minor domanda – obiettano vari ministri – avrebbe aggravato la crisi produttiva. Quindi l’aggravio per la finanza pubblica degli aiuti alle imprese in difficoltà non solo ha sostenuto l’occupazione e limitato l’espansione dei disoccupati nelle statistiche Istat (ma la Banca d’Italia li ha comunque scovati, includendo tra la non-domanda di lavoro quella del personale a carico della CIG, la Cassa Integrazione Guadagni). La maggior spesa pubblica consentita da Tremonti va reperita soprattutto nella finanza locale. E qui, deve ammettersi che il nostro ministro dell’economia – pur del pdl, ma politicamente vicino all’economia del nord che fa capo a Bossi – si è dimostrato troppo incline a evitare di perseguitare comuni e regioni che non rispettavano i limiti di spesa stabiliti dal Tesoro. Non ho cifre al riguardo, ma molto è già stato scritto in proposito ed è un atto di accusa per la finanza facile dei primi tempi.
Questi insegnamenti che serviranno ai governanti del futuro, valgono anche per l’Europa e soprattutto gli Stati Uniti. I dirigenti europei sono da tempo allarmati e cercano – su sollecitazione soprattutto della Merkel – di mettere i loro conti in ordine, come sta facendo, sia pur tardivamente, l’Italia. Ma negli Stati Uniti si continua a spendere e spandere, con il pretesto che solo una domanda più elevata potrà accelerare la produzione. Io non condivido questa preoccupazione americana e temo invece che proprio dall’America del Nord (ci metto anche il Canada) verrà fuori, prima o poi, una bella inflazione dei prezzi. Ed è proprio in vista di ciò che forse conviene acquistare obbligazioni legate agli indici dei prezzi al consumo. Oggi rendono ben poco. Ma nella massa di liquidità di cui tutti disponiamo, una quota garantita all’inflazione mi pare una precauzione necessaria. Soprattutto se la politica europea dei tagli alla spesa dovesse fallire.

Fonte: Per gli Amici N.27 del 28 ottobre 2010

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