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Le società ricche producono paura

Inviato a Il Gazzettino il 9 marzo 2001
Pubblicato il 12 marzo 2001

Sicurezza Osservatorio Nordest

Cosa succede ai nostri paesi? Mentre avanza la globalizzazione dei mercati e tutti ci sentiamo coinvolti nelle vicende del mondo, tanto d’aver assistito al primo intervento militare internazionale per difendere i diritti civili della popolazione nel Kossovo, aumenta anche la paura dello straniero e si corre a chiudere i confini del paese. Oggi è la paura dell’afta epizootica a spingere gli agricoltori a bloccare le frontiere; ieri è stato il caso della mucca pazza; forte resta l’allarme per gli immigrati che varcano clandestinamente i confini dello Stato italiano; domani chissà quale altra paura ci porterà a chiuderci dentro le nostre case.

L’insicurezza è la preoccupazione dominante della gente. Questo emerge anche dall’ultimo sondaggio dell’Osservatorio del Nordest che non a caso ha indicato nella paura per la criminalità e per gli immigrati la prima emergenza della popolazione, seguita a ruota dall’insicurezza derivante dalla scarsa qualità dei servizi sociali e sanitari.

Certo, ad una analisi accurata non sfuggirebbe la singolarità del fatto che queste paure si manifestano presso una società che sicuramente è più ricca e più protetta di quanto non lo fosse dieci o venti anni fa, anche se pochi lo riconoscono. Infatti, la gente tende a mitizzare il passato e confonde spesso il ricordo della propria gioventù con quello di una società migliore, rimpiangendo i bei tempi passati. Ma ciò non toglie che le paure che si manifestano oggi necessitano delle risposte, onde evitare che la reazione dei singoli porti a tensioni inconciliabili con il vivere civile.

E la risposta deve venire in primo luogo dalla politica, la quale non deve cavalcare la paura, ma fornire risposte e dare assicurazioni. Purtroppo il periodo della campagna elettorale è un momento poco adatto a fornire risposte e noi viviamo in una sorta di campagna elettorale permanente. I partiti tendono piuttosto ad eccitare le paure dell’elettorato per ottenere il loro consenso, accusando gli avversari di essere la causa dei timori più diffusi della gente. La destra agita lo spettro di una invasione di immigrati clandestini e criminali, che sarebbe favorita dalla legislazione ritenuta permissiva adottata nel corso di questi anni di governo della sinistra. La sinistra agita lo spauracchio del degrado dei servizi sociali e sanitari che deriverà – a loro giudizio – dalle politiche irresponsabilmente liberiste della destra. Così, le due paure della gente del Nordest (e presumibilmente di tutti gli italiani) trovano alimento proprio dalla propaganda politica in atto. Ma questa pratica è miope perché, una volta formato il governo, sarà più difficile rassicurare la gente ed avviare le misure necessarie, perché le reazioni saranno di natura eminentemente emotiva e la gente si aspetterà soluzioni immediate e radicali che non sono possibili né auspicabili in una democrazia.

L’immigrazione e la criminalità non sono fenomeni necessariamente legati. Ma è certo che l’immigrazione clandestina alimenta una certa criminalità perché il clandestino deve vivere al margine della società, mentre l’immigrato legale tende ad avere comportamenti ultrarispettosi della legge per paura di perdere il diritto di stare sul nostro territorio. Ecco allora che la politica deve ampliare il numero degli immigrati legali e reprimere drasticamente gli ingressi clandestini. In questo contesto, una limitazione nel numero degli ingressi di lavoratori stranieri sulla base della presunta disponibilità di posti di lavoro accertati non è realistica e favorirebbe solo la pratica del commercio dei permessi di ingresso da parte di operatori poco scrupolosi. Bisogna invece essere più aperti agli ingressi legali e, nel contempo, è urgente avviare una politica di integrazione sociale degli immigrati che metterà necessariamente del tempo per dare i suoi risultati. Cavalcare oggi le paure della gente non porterà domani a buone scelte politiche per rendere meno intense queste preoccupazioni, proprio perché la gente si aspetterà soluzioni immediate che non sono realistiche.

Lo stesso vale per il cosiddetto degrado dei servizi sociali e sanitari. Il nostro paese ha bisogno di una riforma dello stato sociale. Se tutti sono concordi nel ritenere necessaria una tale riforma, non tutti sono però pronti a modificare le proprie abitudini ed a rinunciare a piccoli o grandi privilegi che contribuiscono a rendere poco efficiente e comunque costoso il nostro sistema di sicurezza sociale. Anche in questo caso, cavalcare le paure della gente può forse dare qualche risultato in termini di voto, ma rende poi arduo procedere alle necessarie modifiche: basti pensare al sistema pensionistico, che tutti sanno di dover modificare ma dove nessuno è pronto a perdere il proprio vantaggio. E non a caso la campagna elettorale in corso promette pensioni migliori agli italiani, ciò che renderà più ardua una riforma domani.

Infine, noi tutti dobbiamo sapere che una società più ricca, come la nostra, è anche una società più paurosa, perché teme di perdere quello che ha faticosamente costruito con tanti anni di lavoro, mentre una società povera ha poco da temere perché ha poco da perdere. Da qui nasce gran parte del nostro senso di paura e di insicurezza. Ma al tempo stesso dobbiamo anche capire che non esiste la possibilità di difenderci nascondendoci dentro i nostri confini e rifiutando ogni cambiamento. Dobbiamo invece riacquistare quella fiducia in noi stessi che ci ha consentito di fare i grandi progressi degli anni passati, affrontando le difficoltà con lo spirito positivo di chi sa di essere già riuscito a risolvere problemi anche più gravi degli attuali.

Fonte: «Il Gazzettino» del 12 marzo 2001

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