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Le nomine di Renzi? Non male, ma ha sprecato un occasione

IL FOGLIO, 17 aprile 2014

Le nomine di Renzi? Non male, ma ha sprecato un’occasione

“Come sono le nomine di Renzi?”, mi arriva sfasata di sei ore la mail di un amico temporaneamente negli Usa. Mi accorgo che non so rispondergli: “Come sono” rispetto a che cosa, “come sono” rispetto a chi?

Premetto che trovo le nomine assennate, e che comprendo anche i criteri che non condivido, ad esempio quelle sul numero dei mandati (mica sono cariche elettive!) o sul numero delle donne (vexata quaestio). Ma che queste nomine non obbediscano anche a una strategia di comunicazione di Renzi e che non c’entrino con la politica, sarebbe un’affermazione o ingenua o viziata da pregiudizio: politico. E’ invece bene che le nomine fatte da un politico vengano percepite e valutate come un atto politico. Non è per etichetta istituzionale che il presidente del Consiglio si è recato a parlarne al presidente della Repubblica. Non si può sfuggire, atto politico sarebbe anche rinunciare al diritto di scegliere e credere di poterlo delegare a professionisti: bene ha fatto Renzi, se, a quanto pare, le raccomandazioni dei tecnici “le ha buttate nel cestino”. E anche questa è politica, si può dire parafrasando Nietzsche. (E, a ben vedere, lo è doppiamente avere eletto con metodo tradizionale proprio chi aveva richiesto il metodo finito nel cestino).

Sempre, in tutte le scelte c’è una molteplicità di fattori da considerare: ma quello che prevale è per definizione l’interesse di chi decide. Nel caso di aziende private chi decide è la proprietà, diffusa o concentrata che sia. Nel caso di aziende pubbliche, dove proprietari sono i cittadini, solo in modo generico e astratto si può sostenere che il loro interesse sia rappresentato da chi essi hanno scelto a rappresentarli. Nelle aziende private, l’allineamento dell’interesse della proprietà con quello dell’azienda è un fatto naturale e diretto, in quelle pubbliche complesso e indiretto. Nelle aziende private, gli azionisti hanno l’arma della voice, e se non basta possono usare l’exit; molte grandi aziende di stato sono quotate, ma quelli che nominalmente ne detengono il controllo, cioè i cittadini, per esercitare il loro diritto possono forse usare la voice ma certo non l’exit. Solo in un modo molto mediato si può dire che l’interesse di chi ha votato Renzi alle primarie del Pd sia allineato con quello di Eni Enel e via controllando. E’ una questione di conflitto di interessi. Conflitti sorgono sempre, là dove ci sono interessi. Nelle aziende private ci sono, eccome, ma sono palesi e ci sono mezzi per svelarli e contrastarli. In quelle pubbliche i conflitti sono subdolamente intrecciati. Non esagera Renzi se pensa che nomine che appaiano in linea con la sua strategia di comunicazione lo rafforzino, e che questo aumenti la probabilità che passi la riforma del Senato, e che questo giovi anche alle Ferrovie; ma si tratta di uno scambio che sarebbe meglio non azionare: porterebbe certo su un binaho morto, e non i, ppttebbe neppure escludere uno scontro.
Il vero scambio da azionare era a monte, e Renzi quella manovra non l’ha fatta. In quelle quattro ore che è stato a riflettere non si è chiesto che senso avesse lo stesso suo meditare e mediare; non gli è venuto in mente di usare anche in questa circostanza il metodo che gli ha spianato la strada fino al vertice dell’amministrazione; non gli è venuto il dubbio se da quella stanza non potesse uscire il “mai più” che ha usato per altre questioni, o almeno un “la prossima volta un po’ meno”.

Le occasioni le aveva davanti a sé. Per le Poste, mettere l’asticella più in alto e invece della finta privatizzazione che fa danni all’azienda e non dà vantaggi all’erario, riaprire le porte a una separazione delle attività, banca e assicurazioni da un lato, spedizioni e internet café dall’altro. Per Finmeccanica, ribadire almeno le scelte di vendere Ansaldo trasporti e Ansaldo energia. E se “un po’ meno” sembrava un po’ troppo, poteva ammorbidirlo dicendo “un po’ meno indirettamente”: se privilegia le comunicazioni brevi e dirette, poteva accorciare le catene di comando, smontare le piramidi, e pronunciare l’abrenuntio alla Cassa depositi e prestiti e ai suoi fondi. Cosa rispondere all’amico americano? “Come sono andate le nomine?”. Sul piano contingente, non male per le aziende, si direbbe a scorrere gli elenchi. Sul piano della comunicazione, bene per Renzi, si direbbe a leggere i commenti. Ma sul piano della sostanza, un’occasione perduta: per il paese e per Renzi.

Fonte: Il Foglio - 17 Aprile 2014

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