• giovedì , 12 Dicembre 2024

La paura della grande (nuova) recessione

di Giuseppe Pennisi

Parafrasando il titolo di un film che nei lontani anni Sessanta del secolo scorso fece conoscere la cinematografia ceca in occidente (Il quinto cavaliere è la paura di Zbynek Brynych; soggetto di Hana Belohradska, tratto dal suo omonimo romanzo) si può dire che la quinta recessione mondiale degli ultimi ottanta anni è, in gran misura, provocata dalla paura. Oppure che sia la paura medesima. La recessione sta iniziando. Ci sono segni chiarissimi in Italia, e giungono indicazioni da tutto il mondo, come esplicita chiaramente l’ultimo World economic outlook dell’Ocse. Nella vulgata, la causa principale sarebbe il Covid-19, meglio noto come Coronavirus.

Ci sono, però, determinanti che riguardano singoli Paesi o gruppi di Paesi. Diamo un’occhiata alle cause delle quattro recessioni mondiali precedenti. Quella del 1975 venne innescata dalla crisi petrolifera del 1973. Anche se l’embargo imposto terminò nel marzo 1974, lo shock dal lato dell’offerta e il forte aumento dei prezzi del greggio provocarono, simultaneamente, una rapida inflazione e una contrazione della produzione.

Nel 1976, i maggiori Paesi della comunità internazionale adottarono politiche espansive sia monetarie sia di bilancio che rilanciarono la produzione soprattutto in Germania e in Giappone, mentre negli altri Paesi di quello che allora era il gruppo dei sette (Canada, Francia, Italia, Regno Unito e Stati Uniti) iniziò un quinquennio caratterizzato da bassa crescita e sostenuta inflazione, fenomeno cui venne dato il nome di stagflazione.

Molteplici i fattori che hanno determinato la recessione del 1982: un secondo oil shock nel 1979, la rivoluzione in Iran, la crisi debitoria di alcuni Paesi dell’America Latina e una risposta confusa; temendo una nuova ondata d’inflazione, la Germania, il Giappone, l’Italia, il Regno Unito e gli Stati Uniti adottarono misure monetarie restrittive che causarono un calo della produzione e dell’occupazione nel 1982-84, nonché un aumento dei tassi d’interesse, con forti ripercussioni negative per i Paesi più indebitati.

Anche la recessione del 1991 ebbe diverse determinanti: la prima guerra del Golfo; le crisi bancarie nei Paesi scandinavi e negli Stati Uniti; l’esplosione di una bolla speculativa in Giappone; la transizione delle economie dell’Europa centrale e orientale; in Europa occidentale la crisi dell’accordo europeo sui cambi all’approssimarsi dell’unione monetaria europea. Se ne uscì con un forte coordinamento delle politiche monetarie e di bilancio tra i Paesi avanzati.

La recessione globale del 2009 venne innescata dall’esplosione di una bolla finanziaria negli Stati Uniti. A ragione dell’interconnessione tra i mercati, la crisi si estese al resto del mondo, accentuando, ad esempio, una crisi bancaria e finanziaria che in Europa si mostrò in tutta la sua gravità nel 2011-13. Questi avvenimenti causarono un crollo del valore di numerosi asset, recessioni in molte parti del mondo e una forte contrazione del commercio internazionale.

Per uscirne sono state messe in atto politiche monetarie non convenzionali negli Usa, in Europa e in Giappone e politiche di bilancio espansionistiche nei Paesi che potevano farlo, ossia non vincolati da un forte debito pubblico. Crisi finanziarie in senso lato si sono verificate rispettivamente in 15, 62, 67 e 38 Paesi rispettivamente durante le recessioni del 1975, del 1982, del 1991, e del 2009.

La quinta recessione, iniziata in Italia nel quarto trimestre del 2019 – ben prima, quindi, che si annunciasse il Covid-19 – ha anche essa varie determinanti: la contrazione del commercio mondiale a ragione delle guerre daziarie, la caduta della produzione industriale nei maggiori Paesi esportatori, la prospettiva di un rallentamento della crescita negli Usa.

A queste si aggiunge la paura del Covid-19, specialmente nei Paesi in cui governi più hanno drammatizzato l’epidemia. Tale paura ha frenato le attività produttive e minaccia di rendere la recessione più lunga e più profonda di quello che sarebbe stata.

(Formiche del 3/4/2020)

 

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