• martedì , 3 Dicembre 2024

La crescita prima di tutto

Mario Monti, subito dopo aver ricevuto l’incarico di formare il nuovo governo, pur nell’estrema sintesi e asciuttezza delle sue dichiarazioni, è stato quanto mai esplicito nel dire che occorre puntare sulla crescita, accompagnata dalla ricerca dell’equità.
È bene sottolineare questa affermazione in una vicenda in cui sembra che tutto dipenda dalla nostra capacità di fronteggiare la voragine del debito e gli attacchi speculativi che hanno portato così in alto la differenza tra quel che dobbiamo pagare ai sottoscrittori del nostro debito pubblico e quello che paga il Tesoro tedesco per i propri titoli pubblici. Non c’è dubbio che nell’immediato occorra fare scelte che diano ai mercati la percezione di un impegno forte a riduzioni di spesa che si proiettino in maniera quasi automatica nel lungo periodo, come è il caso della riduzione della spesa pensionistica. Ma è anche vero che solo attraverso una maggiore crescita economica il debito diventa autenticamente sostenibile.
La questione importante è la crescita, meglio ancora il dinamismo della nostra economia. II debito è un problema urgente la cui soluzione dipende largamente da quanto saremo capaci di determinare tempestivamente un nuovo dinamismo della nostra economia che, da tempo, l’ha perduto. Il dinamismo si crea se ci sono le giuste aspettative, a cominciare dal riconoscimento di pari opportunità, merito, equità.
Una società con ampie zone di corporativismo e di illegalità formale e informale non può essere dinamica. Negli ultimi 10 anni la produttività non è cresciuta quasi per nulla. Né, d’altro canto, possediamo i motori dello sviluppo che spingono i Paesi emergenti a cominciare da Cina e India ma anche Brasile e Turchia. Essi hanno una demografia che spinge la produttività attraverso i giovani, che rappresentano la maggioranza delle forze di lavoro. Nel nostro caso l’invecchiamento della popolazione aumenta i costi dello Stato sociale e certamente non alimenta i consumi perché sono i più giovani che, mettendo su famiglia, hanno bisogno di consumare di più, ma sono anche quelli maggiormente disoccupati. Un’azione a favore dei giovani è una priorità ineludibile.
La Commissione europea ci ha chiesto, tra l’altro, di precisare gli interventi che intendiamo condurre per il Mezzogiorno e per l’investimento in formazione e capitale umano. Perché non utilizzare i fondi strutturali europei al meglio, dando vita a un progetto che abbia una strategia nazionale e una realizzazione regionale nelle quali dominino per un verso investimento in formazione e ricerca insieme al necessario impegno su infrastrutture selezionate per la loro capacità di aumentare la produttività? Un’azione decisa e determinata per la riduzione delle aree dell’economia dove prevalgano posizioni di rendita è essenziale per un maggior dinamismo.
Va ricordato il contributo che Mario Monti ha dato nel suo rapporto sul completamento delle azioni per realizzare il mercato unico, che mette in evidenza quanto ancora ci sia da fare per l’apertura dei mercati soprattutto nel settore dei servizi. Una politica per l’innovazione che assorba la miriade di interventi a favore delle imprese è quanto mai importante, posto che nella globalizzazione dei mercati ciò che conta è realizzare prodotti nuovi. Basta pensare che la Cina ha deciso, nel suo piano quinquennale, che è ora di passare da una competizione basata sul basso costo dei suoi prodotti a quella fondata sull’innovazione.
Ma c’è di più. Il dinamismo dell’economia non può fare a meno della creatività intellettuale, della capacità di intraprendere procedendo per sentieri nuovi, della possibilità offerta a tutti di realizzare nuove idee e progetti. Ridisegnare il perimetro dell’intervento pubblico e ridurre la dimensione della spesa pubblica è assolutamente necessario perché si realizzi uno Stato meno invasivo e un nuovo patto fiscale in cui l’elusione e l’evasione fiscale non abbiano le dimensioni inaccettabili di oggi. Occorre che venga ricostruito il rapporto fiduciario tra Stato e cittadino. Da questo punto di vista bisogna guardare agli interventi in questa materia con una prospettiva in cui la reintroduzione dell’Ici, necessaria, si accompagni alla ripresa di un’offerta adeguata dei servizi da parte delle istituzioni locali.
L’idea generale che va tenuta presente nel momento in cui ci si avvia a una nuova fase di governo è che c’è bisogno di offrire ai cittadini un progetto nel quale essi possano credere perché offre loro opportunità e promesse di un nuovo dinamismo in cui l’equità si accompagna alla crescita. Se questo si farà, sarà assai più facile fare scelte condivise e rendere sostenibile il nostro debito pubblico.

Fonte: Messaggero del 15 novembre 2011

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