• martedì , 5 Novembre 2024

I fondi Ue vanno al lavoro

L’Italia programma i suoi 8 miliardi.Monti: “Ci rivolgiamo
ai giovani che soffrono”.
L’«operazione 8 miliardi» è partita. Incassata la benedizione politica dei capi di stato e di governo, il presidente della Commissione Josè Manuel Barroso ha scritto ieri a Mario Monti, e altri sette premier europei, per invitarli a disegnare «entro undici settimane» il piano per il riorientamento dei fondi europei sinora assegnati a non spesi. L’obiettivo è quello di utilizzare la ricca dote – complessivamente da 82 miliardi – come un «quick fix», una cura immediata per fornire ossigeno alle imprese e all’occupazione, sopratutto nel settore giovanile. «Dobbiamo dare un senso di urgenza alla nostra azione», scrive il portoghese. I drammatici dati di Eurostat sul lavoro confermano che non si può attendere oltre.
Bruxelles non vuole restare ferma. Con l’aria che tira, coi governi impegnati nella correzione degli squilibri di bilancio, gli unici denari disponibili per un impulso anticiclico sono quelli comunitari, gli stessi che molti paesi faticano a spendere. Roma pensa sia una buona mossa, anzi con la riallocazione di metà dicembre ha fatto da modello per la Commissione. «Troppe politiche in Italia penalizzano i giovani», ha ammesso lunedì il presidente del Consiglio. L’imperativo è chiudere il cerchio. La crisi occupazionale «esige un’azione a più livelli» ha ribadito ieri nel corso di una girandola di incontri mattutini con l’avanguardia economica della Commissione Ue, Semeta (Fisco) Almunia (concorrenza), Rehn (Economia), Barnier (mercato unico) e Tajani (industria). In serata, è volato a Parigi per incassa un premio per «L’Europeo dell’anno». Breve discorso e una promessa: «Governerò solo per un anno».
La lettera di Barroso se l’aspettava. I fondi Ue non spesi sono una gran risorsa, cifre importanti, 8 miliardi per l’Italia, 10,7 per la Spagna, 17,5 per la Polonia. Restano fermi per inerzia o incapacità. Per questo l’amministrazione centrale ha deciso di mettersi al fianco delle regioni e la Commissione intende fare altrettanto. E’ necessario spendere. E bisogna farlo perché la disoccupazione non uccida un’intera generazione.
La novità sono i mediatici Action Team, che fa molto pupazzi Action Men, ma non importa, i supereroi danno speranza. La squadra avrà un capo designato dalla presidenza del consiglio e sarà composta da autorità nazionali competenti per i fondi, oltre che un’analoga delegazione Ue. In febbraio il Team effettuerà una visita di 1-2 giorni a Roma per individuare i necessari elementi di un piano occupazionale giovanile. Si lavorerà anche ai programmi di sostegno per le piccole e medie imprese. In entrambi i casi si «accelereranno o riorienteranno» i fondi, prendendoli da altri programmi nazionali o da poste europee.

La portavoce della Commissione sostiene che Barroso intende compierà progressi sostanziosi entro metà aprile. La sua lettera chiede di avviare la piattaforma in stretto contatto con le parti sociali, sindacati ed imprese, perché l’azione sia veramente integrata e collettiva. E’ l’Unione che fa la forza.
Il dramma del lavoro ha ad ogni effetto influenzato i colloqui bruxellesi di Monti. «Dobbiamo rivolgersi ai giovani che soffrono», ha detto a Parigi. Con Barnier ha parlato di Mercato Interno, cercando soluzioni ne rapporto che ha coordinato due anni fa; intesa fra i due su molti temi, a partire dalla necessità di liberalizzare i servizi e le reti, cosa che l’italiano rimprovera alla Germania di non voler fare. Interessante il faccia a faccia con Semeta, l’uomo del Fisco. Roma vuole seguire gli orientamenti Ue di una redistribuzione delle imposte dal lavoro al prodotto, tema cruciale dei provvedimenti varati dal governo da dicembre a oggi. Non solo. S’è parlato molto di evasione fiscale e, indirettamente di Svizzera. «Monti è preoccupati per i buchi nella normativa Ue e ci sostiene nel negoziato con Berna», spiega una fonte dell’esecutivo Ue. «Abbiamo convenuto che che vuole una vera politica industriale europea ha commentato Antonio Tajani – e che solo l’economia reale può dare le risposte». Per una volta sono tutti d’accordo. Ora si attendono i fatti.

Fonte: La Stampa 1 febbraio 2012

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