Oggi,una volta ancora, ci si trova confrontati col ricorrente ritorno dell’ antisemitismo, veicolato dal “contributo lirico”, come con sprezzo del ridicolo, Heribert Prantl, direttore della Sueddeutsche Zeitung, ha definito la cosiddetta poesia, Quello che deve essere detto, ultimo vanto di Günter Grass, da taluno classificato il più grande scrittore tedesco, non si capisce in base a quale valutazione. Numerosi commenti hanno chiosato lo scritto ma vi è spazio per qualche altra considerazione. Prima di tutto è invalsa l’ abitudine, quasi un automatismo, in tutti coloro che si producono in attacchi più o meno velenosi all’ ebraismo, allo Stato di Israele, paragonandolo perfino al nazismo, al capitalismo giudaico, alla negazione del Genocidio e quant’ altro, di accompagnare i loro strali dalla premessa che i loro autori non debbono per questo venir giudicati come “colpevoli” di antisemitismo. Sarebbe ora che la piantassero e tornassero al buon tempo antico quando cristiani, protestanti, reazionari di destra, razzisti di ogni risma si vantavano delle loro maledizioni contro il popolo deicida, sanguinari esecutori di riti, rapaci usurai, avvelenatori dei popoli presso i quali si erano installati. Le premesse erano orrende ma chiare. Una minoranza di spiriti illuminati si schierava contro ma contava poco. Lo stereotipo, quando il nazismo conquistò il potere aveva già permeato da secoli il popolo tedesco, coni perfidi giudei già ben definiti dall’ invettiva di Lutero: «Essi sono cani assetati di sangue di tutta la cristianità e assassini di cristiani per volontà accanitae gli piace talmente farlo che sovente sono stati bruciati vivi sotto l’ accusa di aver avvelenato le acque e i pozzi, rapito bambini e averli smembrati e fatti a pezzi, con lo scopo di raffreddare la loro rabbia con del sangue cristiano» (Lutero, Von den Judenund Jren Luegen -Gli ebrei e le loro menzogne, 1543). Per alcuni secoli fu così, compreso l’ antisemitismo ottocentesco di stampo pseudo scientifico. L’ hitlerismo ne perfezionò la formula e ne mise in pratica gli assunti. Le dimensioni e il carattere del Genocidio, che svelarono gli abissi di crudeltà che comportava la distruzione sistematica del popolo ebreo misero fine all’ antisemitismo come teoria e ancor più come pratica accettabile sia di destra che di sinistra – dove pure era allignato – esplodendo per motivi nazionali anche nel mondo arabo. A questo punto le varie componenti (destra, sinistra, islamici) misero da parte a parole ogni teoria antisemita e concentrarono il loro odio, su Israele, la Patria riconquistata contro un destino permanentemente diasporico. La nuova vulgata si declina così: «Noi siamo amici degli ebrei. Critichiamo solo gli atti del suo governo. Perché non volete permettercelo senza bollarci come antisemiti?». In realtà nessuno commette una simile confusione quando le critiche anche durissime portano la firma di tanti intellettuali europei o di Yehoshua, Grossman, Oz. La cui buona fede è fuori discussione. Ma da qualche anno vi è un altro personaggio in assoluta buona fede. Come lo era Hitler. È Ahmadinejad, capo del governo dell’ Iran, l’ unico leader politico che è tornato a proclamare pubblicamente e ripetutamente la volontà di distruggere Israele, mentre ha dato vita a un programma in atto per disporre di un apparato nucleare in grado di minacciare un secondo Genocidio. Nello stesso tempo le sue milizie schiacciano nel sangue ogni resistenza democratica della gioventù iraniana. Di fronte a questa nuova realtà Günter Grass lancia la sua velenosa bomba-carta: «Chi minaccia la pace è Israele, non il “fanfarone” Ahmadinejad, l’ Iran è il popolo minacciato, non Israele». Sono inutili altre citazioni. Non basta scrivere poesie per autoassolversi dall’ antisemitismo di chi sogna la distruzione dell’ “entità ebraica”. Non basta per Günter Grass come non bastò per Cèline ed Ezra Pound.
Fonte: Repubblica del 16 aprile 2012Grass è antisemita, ma se ne vergogna
Aprile 16th, 2012
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L'autore: Mario Pirani - Socio alla memoria
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