• martedì , 10 Dicembre 2024

E ora doctor Boom vede il bicchiere mezzo vuoto

C’è chi legge il volo degli uccelli, chi le statistiche economiche. Io mi baso sulle apparizioni di Dr Boom. Ma vedendo salire sul palco Michael Mussa, in occasione delle sue attesissime previsioni economiche, tenendo in mano un bicchiere colmo d’acqua, ammetto di essere rimasto perplesso.
Non potevo non pensare alla prima rivelazione dell’oracolo, esattamente dodici mesi fa. Quel giorno Mussa, 66enne ex capo economista dell’Fmi, forse la migliore mente economica dei think tank di Washington, si era apposta vestito di nero per annunciare al mondo la morte della recessione. Mentre tutti gli altri economisti prevedevano una crescita massima dell’economia mondiale del 2-3%, Mussa – nell’occasione appunto battezzato Dr Boom – previde il 4,5 per cento. E il mondo educatamente si è adeguato crescendo, secondo le stime, del 4,6% quest’anno. Ma che cosa significava allora quel bicchiere d’acqua?
Non era difficile. Secondo Mussa il tasso di crescita dell’economia mondiale rallenterà leggermente nel 2011 passando dal 4,6 al 4,3 per cento. Questa moderazione riflette l’affievolirsi delle formidabili forze che avevano prodotto il rimbalzo delle economie dopo la caduta del 2008-2009. La regola generale nelle recessioni dice Mussa è ancora quella di Zarnowitz: «dopo ripida discesa, rapida risalita», ma ora che l’economia mondiale ha superato la fase iniziale di una ripresa a “V” e si è normalizzata non ci sono motivi per pensare che le previsioni di consenso siano per forza pessimiste, quindi una forma di stimolo è ancora necessaria. Poiché la spesa governativa, che ha sostenuto non bene l’economia deve comunque rientrare, il sostegno non può che venire dalla politica monetaria: «Mi sono portato questo bicchiere, perché non vorrei che mancasse la liquidità…».
Il problema di Mussa è però di “quanta” liquidità ha bisogno l’economia mondiale: appunto un bicchiere. «La Federal Reserve – spiega Mussa – ha annunciato di essere pronta a riprendere acquisti su grande scala di titoli (per immettere moneta e ridurre i tassi a lungo termine) nel caso in cui l’economia non cresca. A mio parere non si tratta di una politica saggia».
Mentre la maggior parte dei think tank di Washington si accanisce sulla disputa che riguarda piccoli tagli alle tasse invisi all’amministrazione, gli economisti migliori si stanno occupando soprattutto della strategia della politica monetaria e il filone della turbo-moneta è di gran moda. La stessa Fed sta riscoprendo studi degli ultimi dieci anni in cui giustificava il lassismo di Greenspan. La “regola di Taylor” che la Fed usa per determinare il tasso d’interesse effettivo ottimale sulla base dell’inflazione attesa e della differenza tra reddito potenziale e reddito attuale, viene massaggiata e opportunamente modificata da nuovi studi per tener conto dell’alto livello della disoccupazione americana anziché del reddito. Il risultato è, secondo alcuni, che i tassi d’interesse dovrebbero scendere non a zero come adesso, ma fino a cinque punti sotto lo zero. L’equivalente nelle parole di Mussa di «un’arma termonucleare sull’Afghanistan».
Una risposta monetaria aggressiva poteva essere necessaria a fine 2008 quando il sistema finanziario globale era al collasso, ma non è responsabile insistere adesso. «Un buon medico non amministra antidolorifici pericolosi per dare euforia a chi non ne ha bisogno. Un banchiere centrale responsabile non usa la politica monetaria come il medico di Michael Jackson usa la medicina».
Il problema è che la politica turbo-monetaria è una doppia droga per l’economia americana: non solo riduce il costo-opportunità di finanziare le imprese o di consumare ma soprattutto spinge il deprezzamento del dollaro. Il presidente Obama d’altronde ha promosso come obiettivo politico dell’amministrazione di raddoppiare il volume delle esportazioni americane entro cinque anni in modo da generare più posti di lavoro ad alto valore e ad alto salario. Il problema è che i posti di lavoro non dipendono dal volume dell’export in assoluto, ma dall’export “netto” (export meno import) e se la politica monetaria viene usata per far calare il dollaro e in tal modo influenzare le esportazioni nette allora rappresenta esattamente lo stesso tipo di politica che tutti imputano alla Cina accusandola di manipolare il proprio tasso di cambio. «Un’espansione globale bilanciata – spiega Mussa – deve essere bilanciata per tutti».

Fonte: Il Sole 24 ore del 5 ottobre 2010

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