• venerdì , 6 Dicembre 2024

E’ molto pericoloso passare alle banche la patata bollente

Le responsabilità della crisi sono politiche. Ed è illusorio adesso pensare di scaricarle sugli istituti di credito e sulla finanza. Che hanno le loro colpe, ma non di pari livello. E neanche l’Italia merita di essere messa sotto accusa.
Il contagio all’euro della crisi generata dal credito concesso in modo sconsiderato dagli Stati Uniti non ha ricevuto ancora una risposta tale da riportare il mercato sotto il controllo della legge, come dovrebbe, perché esso è creatura giuridica e non spontanea. Il comportamento delle banche americane ha le sue radici nella trasmissione alle scelte politiche e ai comportamenti degli organi di vigilanza della filosofia dei mercati perfetti, ossia dell’idea che gli operatori di mercato abbiano migliori capacità di decisione di quelli pubblici, dai legislatori ai funzionari statali.
Le autorità tentano oggi di dirottare la responsabilità dei loro errori sulle banche e sulla finanza, che hanno le loro colpe, ma non di pari livello, rischiando di aggravare la situazione nell’intento di risanarla, come non di rado accade quando si legifera senza tenere in debito conto le condizioni economiche in cui la normativa si cala.
Nel ventennio di applicazione del Trattato di Maastricht, l’Italia può vantare la migliore performance da tutti i punti di vista, ivi incluso il tanto bistrattato debito pubblico, la cui crescita è stata contenuta nettamente al di sotto di tutti gli altri Paesi europei (Germania inclusa), nonché il non meno bistrattato sistema bancario, l’unico nel mondo che ha retto alla crisi, immolando però una parte significativa del suo capitale.
Nonostante ciò, l’Italia è stata messa sotto accusa, non solo dal mercato e dalle sue agenzie di rating, che di guai ne hanno combinati tanti, ma anche dai nostri partner europei, che, non avendo voluto attuare le finalità degli accordi né adattato il Trattato alle nuove condizioni geopolitiche, continuano a procedere, come accaduto a Bruxelles, sulla strada della vecchia Europa: si espropria sovranità offrendo solo promesse di stabilità che si trasformano in deflazione per i più e sviluppo per i pochi.
Il passaggio della patata calda di una crisi dalle molte facce nelle mani del sistema bancario ha aspetti assai pericolosi. Già da tempo le banche centrali, inclusa la Bce, si vanno disfacendo del compito di lender of last resort, spostando sui governi e sulle stesse banche l’onere di sostituirsi nell’esercizio di questa importante funzione.
Alle banche si chiede di aumentare il capitale e rafforzare i propri fondi tutela depositi per avere un cuscinetto che assorba le crisi, ma anche di continuare a finanziare l’economia quando questa imperversa, valutando meglio il merito di credito, cosa quasi impossibile quando la crisi ha caratteristiche sistemiche.
È illusorio, forse anche dannoso, pensare che il capitale bancario possa fronteggiare queste situazioni e, pertanto, occorre definire chi deve svolgere il ruolo di lender of last resort e stabilire chi si prende l’impatto delle perdite penetrate dall’esterno del sistema di imprese e delle stesse banche, sovente per errori delle autorità di governo.
Agli attuali rendimenti del capitale bancario investito in attività produttive e non in operazioni speculative, chiedere di aumentarlo equivale ad accrescere le difficoltà già in atto sul mercato del credito, scoraggiando ulteriormente l’economia reale.
Le riduzioni dei tassi ufficiali agevolano le attività speculative e disincentivano l’attività di finanziamento produttivo non essendo una base capiente per sovrapporre i margini di intermediazione e gli spread, scontrandosi sovente con i limiti legali posti all’usura. Le banche hanno sempre rappresentato il punto di forza delle imprese italiane. Metterle in difficoltà sarebbe un errore.
Per questo la cautela è oggi d’obbligo.

Fonte: Panorama/Economy del 16 dicembre

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