• domenica , 6 Ottobre 2024

Da chi si deve guardare il “buon soldato Letta”?

Secondo il sondaggista Nando Pagnoncelli, Parlamento ed opinione pubblica danno ai nuovi Governi tra i sei ed i nove mese di ‘luna di miele’; Monti ed i suoi ‘tecnici’ ne hanno avuto una più breve perché hanno portato la pressione tributaria al massimo storico e – a torto od a ragione – sono parsi saccenti. La ‘luna di miele’ accordata a Enrico Letto pare ancora più breve; già adesso c’è lite furiosa sulle nomine di Vice Ministri e di Sottosegretari, nonché su aspetti qualificanti del programma (cuneo tributario, Imu, pagamento dei debiti delle pubbliche amministrazioni alle imprese, negoziazione dell’interpretazione del Fiscal Compact con le autorità europee, e con i nostri partner dell’eurozona).
Le mosse di Berlusconi.
La dottrina dominante (per utilizzare il linguaggio dei Consiglieri di Stato sempre più intendi a promuoversi ed ad aumentarsi stipendi e prebende) è che il ‘buon soldato Letta’ (di cui nessuno mette in dubbio sincerità ed impegno) è che si deve guardare soprattutto da un Cavaliere pronto a spegnere la luce quando la sondaggista Alessandra Ghisleri (che pare azzeccarci di più di Pagnoncelli) gli sussurra ‘Victoria Certa’ (il motto di Samora Machel, Leader di quel Frelimo che portò il Mozambico all’indipendenza). Altri dicono che deve fare attenzione ai rissosi ex-post-neocomunisti sempre in lite tra loro e sempre timorosi di avere qualche avversario a sinistra.
Letta dovrebbe andare a Londra a vedere A Mousetrap (‘Una trappola per topi”) al St Martin’s Theater dove lo si replica da 61 anni (cambiando, naturalmente, gli attori e rispolverando scene e costumi, rigorosamente inizio Anni Cinquanta). L’assassino – il whodunnit per dire in slang ‘who has done it” , ossia chi ha commesso il delitto- è sempre il meno sospetto, un proprio simile, qualcuno di casa.
Letta è un buon democristiano. Ed è dai democristiani che deve guardarsi. Non però da quelli come Franceschini e Follini. Ma da quelli che lo sono sino al midollo (quale che sia il partito che votano). Coloro che credono che i problemi si risolvono da soli e che , quindi, basta prendere tempo per essere a cavallo.
Letta si guardi dalla Bce.
I democristiani da cui deve guardarsi sono quelli che si annidano nella Banca centrale europea e nella lentocrazia (secondo i maligni della Ragioneria Generale dello Stato). Il Governo da lui presieduto non avrà successo se non rilancerà la crescita. La crescita la fanno le imprese non i burocrati ed i parlamentari. Le imprese non possono operare (e sono spesso costrette a chiudere) perché, secondo calcoli dell’Economist Intelligence Unit che dovrebbero essere a lui noti, le piccole e medie italiane (l’80% circa dell’occupazione industriale) pagano ben 50 miliardi di euro l’anno di differenziale di un costo del denaro rispetto alle loro controparti francesi. In aggiunta, non si sa bene quanto e come 40 miliardi di euro di crediti con la pubblica amministrazione (meno delle metà dei 90 in essere).
Austerità e crescita.
Veniamo al primo nodo. E’ possibile che nel suo recente viaggio a Parigi, Berlino e Bruxelles abbia portato il saggio Does High Public Debt Consistently Stifle Economic Growth? A Critique of Reinhart and Rogoff’ pubblicato poco tempo fa da Thomas Herndon, Micheal Ash, e Robert Pollin della Università del Massachussetts a Ahmerst. Nel lavoro si confuta quel ‘teorema di Reinhart e Rogoff’ in base al quale se lo stock di debito pubblico supera il 90% del Pil, la crescita ‘potenziale’ subisce un freno pari ad un punto percentuale del Pil. E’ la base per ottenere un rinvio per raggiungere l’equilibrio strutturale di bilancio (già concesso a Spagna e Francia) e più tempo per ridurre lo stock di debito. Servirebbe a poco se non portasse simultaneamente a Mario Draghi il paper Inside the Black Box : The Credit Channel of Monetary Policy Transmission pubblicato da Ben Bernanke e Mark Gertler pubblicato nell’autunno 1995 sul Journal of Economic Transmission: Draghi comprenderebbe quali misure devono essere prese dalla Bce per evitare la penalizzazione di cui soffrono le imprese italiane. Verrebbe posto di fronte alle responsabilità dell’istituto di cui l’Italia gli ha assicurato la presidenza.
I suggerimenti della Cdp e l’esempio spagnolo
Veniamo al secondo. Un lavoro di Franco Bassanini e Marcello Messori mostra come (seguendo un percorso già adottato in Spagna) si possa risolvere il problema dei debiti delle pubbliche amministrazioni nei confronti delle imprese senza aggravare il deficit e lo stock di debito pubblica. Chieda alle lentocrazie perché non viene adottato o che critiche hanno da fare.
Se non prende queste due misure morrà (politicamente) da democristiano ma non di morte naturale.

Fonte: Formiche.net del 5 maggio 2013

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