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Conferma di Obama. Una strada in salita

Svanito l’ effetto Bin Laden, per la rielezione pesano welfare e disoccupazione
«Sono così arrabbiata che vorrei prendere a calci nel sedere il mio presidente» dice nel bel mezzo di un seminario Cynthia Brill, progressista e moglie dell’ imprenditore delle tecnologie digitali Steve, un avvocato che si descrive come una sostenitrice (evidentemente delusa) di Obama. Poi sul palco sale David Axelrod, il superconsigliere del leader democratico che ha lasciato qualche mese fa la Casa Bianca per andare a organizzare la campagna elettorale per la rielezione del presidente. Lo intervista Joe Klein, columnist della rivista Time, che si definisce suo fraterno amico e che in passato ha sempre sostenuto a spada tratta le ragioni del presidente. Per Axelrod quell’ intervista pubblica è, però, un calvario. Klein descrive il presidente come un leader passivo e un «commesso viaggiatore» incapace di vendere la sua merce: «Ha abbassato tre volte le tasse e nessuno se n’ è accorto. Il rimborso di 250 dollari agli anziani coperti dal Medicare è passato sotto silenzio. Bush avrebbe mandato in giro assegni firmati personalmente da lui. Axelrod replica che Obama bada alla sostanza del governare più che al marketing, ma è evidente che i rilievi che vengono da una platea solitamente amica – quella dell’ «Ideas Festival», il think tank estivo dell’ Aspen Institute – lo mettono in difficoltà. Forse c’ è anche quell’ attacco inatteso dietro l’ intervento con il quale due giorni fa Obama ha alzato improvvisamente i toni dello scontro con i repubblicani, accusati di far scivolare con il loro atteggiamento oltranzista il Paese verso il baratro dell’ insolvenza. La scadenza del 2 agosto si avvicina e la trattativa con i repubblicani condotta dal vicepresidente Joe Biden è in stallo. Il presidente prende atto che la «diplomazia del golf» con John Boehner, capo della maggioranza conservatrice alla Camera, non ha funzionato e, così, passa dalla politica della mano tesa a una linea più aggressiva nel tentativo di stanare l’ avversario. Con un occhio puntato sulle agenzie di rating che minacciano ormai apertamente di declassare il debito federale e l’ altro sullo sgretolamento della sua base elettorale. Così Obama sceglie di tornare agli argomenti etici dell’ equità fiscale, della necessità di «far pagare il giusto» ai super-ricchi, fin qui beneficiati dai super-gravi fiscali, prima di togliere un pezzo di sanità pubblica agli anziani o di ridurre l’ istruzione per i ragazzi. Parole che non servono a creare nuovi posti di lavoro ma con le quali, almeno, il leader ricostituisce un po’ di consenso a sinistra. «Perché» mi spiega il politologo della Cnn e della «Third Way» Bill Schneider, «a differenza di quello che pensate voi in Europa, la battaglia per la Casa Bianca sarà incertissima. L’ effetto Bin Laden è già svanito. E nessun democratico è mai stato eletto, dai tempi di Roosevelt, 80 anni fa, con una disoccupazione superiore all’ 8 per cento. Obama può ancora farcela, ma dovrà combattere fino all’ ultimo voto».

Fonte: Corriere della Sera del 1 luglio 2011

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