• martedì , 5 Novembre 2024

Chi paga per gli errori di Moody’s?

Ora che Moody’s ha fatto marcia indietro, confermando che le banche e l’economia italiane sono solide anziché sull’orlo di un baratro greco, bisognerà chiedersi chi paga per un errore che è costato ai risparmiatori italiani, nella sola giornata di giovedì, 11 miliardi di euro di perdite nel valore delle società quotate in Borsa. La British Petroleum ha annunciato che pagherà di tasca propria i danni provocati dalla marea nera in Lousiana; perché Moody’s no?
Il dibattito sui questi strani animali della finanza che sono le agenzie di rating è in atto da tempo ma senza approdo. Moody’s, Standard & Poor e Fitch, le tre sorelle che da sole coprono il 96% del mercato mondiale delle certificazioni finanziarie e che, tenendo sotto controllo debiti e redditi promuovono o bocciano multinazionali e Stati sovrani, teoricamente dovrebbero fare i nostri interessi, ovvero vigilare perché società e governi siano solvibili e restituiscano ai risparmiatori i denari che vengono loro chiesti in prestito attraverso le obbligazioni. La logica è quella del libero mercato: poiché si tratta di società private, soggette solo alle regole del mercato, nessuno meglio di loro che nel mercato vivono e sul mercato prosperano sono in grado di difenderlo.
Il fatto è che se avessero davvero sposato questa missione fino in fondo e sempre, non avrebbero dato mai il massimo dei voti, la tripla A, a gran parte di quelle “obbligazioni –panin” infarcite di ingredienti buoni misti alla spazzatura dei mutui subprime americani, e il mondo non si troverebbe oggi a tentare una via d’uscita alla più grave crisi economica e finanziaria dall’inizio degli anni Venti del secolo scorso.
Possiamo allora ancora fidarci di queste agenzie? E che garanzie abbiamo sulla loro specchiata probità? Le Borse vivono di voci e sussurri e nei momenti critici , come è accaduto nei giorni scorsi mentre la speculazione trafiggeva la Grecia, basta un nulla perché i mercati reagiscano con il panico. Non a caso generalmente ogni intervento che influisce sulle quotazioni viene effettuato a Borse chiuse. Ma per Moody’s no, l’allarme sull’Italia è stato fatto a mercati aperti e, 24 ore dopo, corretto ancora a mercati aperti. Perché?
Non sappiamo dare risposta a questa domanda ma ci limitiamo ad osservare che non siamo soli se i controllori della Consob italiana, della Sec americana e del corrispondente istituto francese che vigila sulle borse, hanno tutti e tre deciso di aprire un’inchiesta ed indagare su eventuali anomalie. Temiamo tuttavia che la fatica non approderà a nulla. Perché questi campioni del capitalismo di mercato sono in realtà al riparo da molte delle regole che il mercato dovrebbe imporre loro; e ne sono al riparo semplicemente perchè molte di quelle regole, quelle che da un anno il G3,il G8,il G10 e il G20 stanno inutilmente discutendo, ancora non esistono, nonostante gli encomiabili ma sterili sforzi del nostro Mario Draghi, governatore della Banca d’Italia e presidente dell’organismo che dovrebbe convincere i governi ad adottarle. Ed infine, tali regole non esistono perchè Europa e Stati Uniti hanno visioni opposte su quali occorrerebbe adottare e a quali controlli andrebbe sottoposta la finanza internazionale al di qua e di là dell’Atlantico. Una vera guerra di posizione in cui soprattutto negli Stati Uniti, si fa fatica a imbrigliare il potere di Wall Street da cui provengono ministri e capi dell’amministrazione del Governo liberal americano di Barak Obama.
Eppure basterebbe una piccola regoletta, almeno per cominciare, per impedire il peggio: la regola della trasparenza. Sarebbe infatti assai interessante sapere se il signor Warren Buffet, primo azionista di Moody’s nonché fra i 5 uomini più ricchi del mondo, a capo di un impero finanziario con ramificazioni in tutto il pianeta, ha ottenuto per caso qualche guadagno per operazioni fatte in Borsa nelle ultime giornate; e sarebbe interessante sapere quali operazioni di compravendita ha effettuato nei giorni scorsi Black Rock Global Investors, , il più grande money manager del mondo, nonché titolare di uno di quei Hedge Fund senza regole e senza scrupoli che non ha nemmeno rimborsato gli azionisti un anno fa, ma soprattutto primo azionista di Standard & Poor, l’altra agenzia di rating più importante insieme a Moody’s.Se il mercato operasse sempre e per tutti, se le agenzie di rating fossero obbligare a comunicare e pubblicare le loro decisioni di investimento, anzichè tenerle nascoste, i risparmiatori di ogni parte del mondo potrebbero verificare se c’è qualche inconfessato conflitto di interesse in chi controlla i controllori e potrebbero forse dormire sonni meno agitati.

Bruno Costi

Fonte: Il Giornale dell' 8 maggio 2010

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