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Che cosa penso dei supertrumpisti. L’opinione di Cazzola

di Giuliano Cazzola

Dazi-Donald-Trump-600x400L’opinione dell’editorialista Giuliano Cazzola, blogger di Start Magazine

“Da decenni il nostro paese vive il più grande saccheggio di posti di lavoro nella storia del mondo. Voi qui in Pennsylvania lo sapete meglio di chiunque altro. Le nostre industrie sono state sprangate, le nostre acciaierie sono state chiuse e i nostri posti di lavoro ci sono stati sottratti per essere trasferiti in altri paesi, alcuni dei quali mai sentiti prima. I politici hanno spedito le nostre truppe a difendere i confini di nazioni straniere, ma hanno lasciato quelli americani liberi di essere violati. Abbiamo destinato miliardi su miliardi di dollari a un progetto globale dopo l’altro, ma quando orde di criminali hanno invaso il nostro paese non siamo stati in grado di garantire la sicurezza alla nostra gente. I nostri governi si sono precipitati a sottoscrivere accordi internazionali che prevedono che gli Stati Uniti paghino i costi e si accollino gli oneri, mentre gli altri paesi si prendono tutti i benefici senza sborsare un soldo”

Se non ci fossero dei chiari riferimenti riferiti agli Usa, il brano citato potrebbe essere benissimo attribuito a Matteo Salvini. Invece è tratto dal libro “Fascismo. Un avvertimento” di Madeleine Albright, già segretario di Stato di Bill Clinton. E’ la citazione di un discorso di Donald Trump in Pennsylvania nell’aprile del 2017.

Certo, paragonare il nostro Capitano a The Donald è una mossa ardita. A Milano non esiste una Torre Salvini paragonabile, anche in sedicesimo, alla Trump Tower di New York. Anzi, quando Matteo si vantò di un selfie che li ritraeva insieme, Donald dichiarò che lui non sapeva neppure chi fosse. Ma il discorso del presidente americano è dello stesso tenore di quelli dei sovranisti europei di cui Salvini è un esponente di spicco. Si vede che esiste un “comune sentire” populista che rimbalza attraverso quello stesso Oceano sul quale in altri tempi transitavano ideali di libertà e di democrazia portati con le armi di milioni di soldati che vennero per ben due volte a combattere (e a morire) per la salvezza del Vecchio Continente.

Perché allora la lettura del saggio di Albright mi ha fatto venire in mente l’attuale vice presidente del Consiglio e ministro di Polizia? Parlando di Trump e della sua linea di condotta l’esponente politica americana descrive i processi che possono condurre una grande nazione democratica a scoprirsi fascista in una certa fase della sua storia. Innanzi tutto è necessario convincere gli altri delle menzogne con le quali i populisti vanno alla ricerca di un facile consenso. Infatti, Albright dimostra che Trump, con quelle parole, mente agli elettori della Pennsylvania attraverso argomentazioni “pensate per fare leva sulla insicurezza e suscitare indignazione”.

Nello Stato in questione la disoccupazione, in verità, era scesa al di sotto del 5% rispetto all’8% di alcuni anni prima. Nel Paese, più di 200mila posti di lavoro dipendono dalle esportazioni dirette in Canada, Messico e Cina; dal 2009 al 2016 l’inflazione si è mantenuta bassa, il tasso di disoccupazione si è più che dimezzato e sono stati creati 12 milioni di posti di lavoro. Ma ormai viviamo nell’era delle percezioni che fanno aggio sui dati della realtà, che non solo non è conosciuta da un’opinione pubblica sobillata dal web, ma che non viene neppure cercata, anche se è portata di mano.

Madelein Albright racconta di aver domandato ai suoi studenti della Georgetown University se a loro avviso il fascismo potrebbe attecchire in America. Uno studente le ha dato la seguente risposta: “Certo che potrebbe. Perché siamo troppo sicuri del contrario”. Anche da noi quando qualcuno avanza una preoccupazione siffatta viene considerato un esagerato se non addirittura un provocatore. Alcuni mesi or sono Giampaolo Pansa, partecipando a “8 ½”, affermò che l’Italia avrebbe potuto evitare un inesorabile declino, soltanto grazie ad un governo dei tecnici sostenuto dall’Esercito. Quelli che partecipavano al dibattito lo guardavano come se fosse un vecchio zio da ascoltare con pazienza e rispetto, ma ormai incamminato verso un’inesorabile demenza senile.

Così le forze di opposizione “anziché mobilitarsi – scrive ancora Albright – vanno avanti come se niente fosse, sperando che in futuro le cose migliorino, fino che un giorno apriranno gli occhi, scosteranno le tende e si ritroveranno in uno Stato semifascista”. Tutto ciò perché ” il fascismo si nutre di malcontento sociale ed economico, per esempio della convinzione che le persone che stanno al potere ricevano molto di più di quello che meritano, mentre loro non ottengono ciò che gli spetta. L’impressione – prosegue l’ex segretario di Stato – è che oggi tutti abbiano un motivo di malcontento. Anziché pensare in modo critico si cercano complici che condividano le nostre opinioni e ci incoraggino a ridicolizzare – si vedano i dibattiti nei talk show, ndr – le idee e le convinzioni in contrasto con le nostre”. La forza dei populisti sta tutta nel dire ciò che la gente vuole sentire. Non sono loro a dirigere; hanno colto la direzione dell’onda, la seguono, la rassicurano e le danno ulteriore spinta.

Nel libro è riportata una citazione di Adolf Hitler che dovrebbe indurci a riflettere su quanto sta accadendo, oggi, sotto gli occhi di tutti ma che viene ostinatamente sottovalutato: “I nostri problemi politici apparivano complessi. Il popolo tedesco non sapeva come affrontarli. Io invece fui in grado di ridurli ai minimi termini. Le masse capirono e mi seguirono”.

 

Fonte: da Start Magazine 6 Aprile 2019

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