• venerdì , 29 Marzo 2024

Spostare il baricentro del Pnrr. Tra Europa e politica industriale. Scrive Paganetto

Di Luigi Paganetto

Dopo il volume “Il Pnrr .Una sfida da vincere”, Luigi Paganetto torna sul tema per dire, con il Gruppo dei 20, che la scelta del governo di mettere insieme, accentrandoli, i fondi del Pnrr e quelli per le politiche di coesione, Repower Eu e Fondo Complementare può e deve essere non soltanto quella di salvare il piano ma anche quella di disegnare, attraverso questi diversi fondi, il salto di produttività necessario

Il tema più evocato, nella discussione in corso sul Pnrr e sull’uso dei fondi europei è quello della capacità della macchina della nostra amministrazione pubblica di rispondere alla sfida rappresentata, di qui al 2026 dalla realizzazione del Pnrr. Va detto che la sua attuazione prevede un’attività di gestione straordinaria e l’uso del metodo della programmazione di cui da molti anni si era perduto traccia. La sfida è dunque difficile perché non implica soltanto quella di una spesa organica e tempestiva ma anche quella del rapporto con il territorio, nella quale saranno impegnati Comuni e Regioni nonché la capacità di mobilitare risorse private per il co-finanziamento dei Progetti ed affrontare le strozzature settoriali.

Si assiste invece ad uno scontro tra centro e periferia e ad un rimpallo di responsabilità tra le parti politiche che di certo non aiutano l’opera di chi, come il ministro Fitto, è impegnato in una corsa contro il tempo per avere il via libera al Pnrr dalla Commissione europea. Ciò è tanto più vero se si considera che la scelta del governo di mettere insieme, accentrandoli, i Fondi del Pnrr e quelli per le politiche di coesione Repower Eu e Fondo Complementare, può e deve essere un’occasione per individuare un percorso che non sia soltanto il mero accentramento dei fondi e uno sforzo per assicurare la realizzabilità dei relativi progetti ma, anche un impegno a disegnare, attraverso questi diversi fondi, il salto di produttività necessario a realizzare lo sviluppo sostenibile di cui il Paese ha assoluto bisogno.

Per farlo occorre mettere l’innovazione al centro della transizione energetica e digitale e, allo stesso tempo, spostare il baricentro territoriale in direzione del Mediterraneo e intervenire, a favore di giovani e donne rispetto a una demografia che privilegia gli anziani. Ed è quindi opportuna una rivisitazione dei progetti che, mentre seleziona quelli che sono potenzialmente capaci di realizzarsi in tempo utile ne integra l’efficacia con la realizzazione di assi trasversali che siano capaci di spostare il baricentro verso il necessario aumento di produttività e crescita.

Va detto che il Pnrr, opportunità unica ed imperdibile per il Paese è, ad oggi, un programma di riforme e una lista della spesa per investimenti, che attraverso le sue sei missioni, non disegna in maniera esplicita un progetto organico, capace di sfruttare appieno le potenzialità di crescita del Paese. E, anche se la revisione del Pnrr è al centro del dibattito, è l’intera politica economica che, di fatto, è in gioco. Il quadro di riferimento da cui non si può prescindere è quello dell’agenda europea in materia di politica industriale e del nuovo Patto di stabilità e crescita.

Non c’è dubbio che molta strada è stata fatta in poco tempo in Europa dalla scelta esclusiva di policy su mercato unico e concorrenza per arrivare, sotto la pressione degli effetti della pandemia, agli interventi di programmazione del NextGenEu, alle scelte d’investimento su green e digitale, sotto la spinta del nuovo quadro geo-economico mondiale e della guerra in Ucraina, alla scelta a favore di una politica industriale mirata non soltanto a rispondere a quella dell’Inflation Reduction Act (Ira) degli Usa ma, soprattutto, all’esigenza di reagire a ritardi ormai consolidati in materia di innovazione e produttività.

La Commissione ha presentato nel febbraio del 2023 il Green Deal Industrial Plan, diretto ad accrescere la competitività dell’industria europea a zero emissioni nette e realizzare la transizione verso la neutralità climatica nonché il Critical Raw Material Act rivolto ad assicurare la disponibilità delle materie prime necessarie all’industria in particolare nei settori del digitale, dell’aerospazio e della difesa.

Ed è un programma ambizioso, che ha subito messo in campo posizioni assai diverse tra i Paesi membri anche perché andrebbe realizzato con forme di allentamento delle regole sugli aiuti di Stato che danno vantaggio ai Paesi con maggior spazio fiscale da utilizzare, rispetto alle regole che riprenderanno a disciplinare debito e deficit, a partire dal 2024.

Va detto che la proposta di un nuovo disegno del Patto di Stabilità e crescita, con i suoi obbiettivi quadriennali di spesa pubblica va d’accordo assai più di quello precedente con politiche volte, a sostenere investimenti e crescita, mentre si riduce il debito. Per farlo occorre realizzare in concreto la spinta sulla crescita che è necessaria, spostando il baricentro dell’azione di Governo verso una politica che renda evidente il filo rosso del Pnrr sullo sviluppo.
Ma qui viene la questione dei limiti rappresentati dalla dimensione del nostro debito pubblico rispetto alla nostra capacità di sostenere una politica industriale efficace. La discussione è in corso e, anche se non va trascurata l’azione da svolgere a favore dell’idea, per il momento assai poco condivisa, di creare un Fondo comune europeo per la politica industriale, riproponendo l’approccio rappresentato dal NextGenEu, intanto dobbiamo utilizzare al meglio l’occasione rappresentata dai fondi di cui possiamo, in principio, disporre.

Ecco perché occorre riprogettare l’intervento complessivo dare strategicità al Pnrr, riesaminando i progetti approvati, integrandoli con altri capaci di rafforzarne l’effetto sullo sviluppo, utilizzando in quest’ottica, i fondi di coesione, quelli del PNC, del Repower Eu, rispettando naturalmente, le diverse regole di destinazione che li caratterizzano. Il limite vero dell’azione da condurre é non soltanto l’esiguità del tempo a disposizione ma, soprattutto, la insufficiente propensione a far prevalere tra le parti una scelta di cooperazione nell’interesse del Paese.

(Formiche 03/04/2023)

Fonte: Formiche 03/04/2023

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