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Niente crescita senza costruzioni

Molti hanno suggerito ciò che il vecchio e il nuovo governo dovrebbero fare, pochi però hanno con pari vigore indicato ciò che non andrebbe fatto. Tutte le forze in campo concordano sulla necessità di ridurre le tasse, ma non tutte che debba essere fatto tagliando le spese, soluzione che da noi si è mostrata sempre di difficile attuazione. Il punto di incontro tra le due interpretazioni è ignorare il taglio delle spese e puntare comunque sul taglio delle tasse, dividendosi sui modi per finanziarlo: alcuni, compreso il governo uscente, hanno proposto di cedere parte del patrimonio pubblico e altri, come sembra intenda fare il governo entrante, di redistribuire il carico fiscale da chi più ha a chi ne ha meno. Anche su questo aspetto del problema il punto di incontro tra le due soluzioni viene raggiunto trascurando un aspetto importante e indicando i destinatari del beneficio: i lavoratori, ossia coloro che sono fortunati d’essere ancora tali; trascurano però, se non proprio penalizzano, chi lavoratore non è: i risparmiatori, i pensionati non alla fame e i bisognosi di cure sanitarie. Invece di produrre equità, si rafforzano e programmano ingiustizie.
Aggredito fino ai limiti della tollerabilità il reddito, si è cominciato ad aggredire la ricchezza, soprattutto di coloro che hanno avuto l’imprudenza di comportarsi da formiche, investendo i loro piccoli risparmi, regolarmente tassati, in una seconda casa o in due, se hanno avuto la sventura di ereditarla dai genitori scomparsi. Il modello di riferimento implicito, perché celato dietro un falso obiettivo di equità sociale, è che cambiando la distribuzione del reddito e della ricchezza da chi più ha a chi ne ha meno si incrementa la crescita. È una fisima della sinistra che è stata sconfitta dalla storia, ancor più di quanto non lo sia stato dalla teoria; essa non può certo essere catalogata tra le idee progressiste, ma solo ed esclusivamente regressiste: si deve tornare poveri, così impariamo a non accettare le riforme. Sottoposto a questa redistribuzione dei redditi e della ricchezza il sistema entra in una condizione di sconforto da parte di chi è riuscito a emergere almeno un po’ nella scala sociale; non dico arricchirsi, perché chi c’è riuscito ha già provveduto o sta provvedendo a spostare la sua ricchezza e il suo reddito all’estero, avendo la possibilità di farlo nelle attuali condizioni di libera iniziativa globale. Ma questi, chiamiamoli per semplicità fortunati, sono solo una piccola parte della società e non certo quella che ha un portafoglio modesto che funge da fondo di riserva contro i rischi della vita e da fondo pensione integrativo. Secondo quanto ha spiegato il Nobel dell’economia Franco Modigliani con la sua teoria del ciclo vitale, essi pensavano di potersi avvalere di questa ricchezza nella fase della vita dove la mancanza di lavoro o l’età lo rende necessario. Questa funzione la sta invece svolgendo, disordinatamente, lo Stato centrale e periferico, dopo che la crisi ha già provveduto a falcidiare i valori e le rendite dei beni reali e finanziari da essi posseduti. Lo Stato democratico, che doveva darsi carico delle ingiustizie, le sta producendo a ritmo incalzante. Forse è il caso di arrestare il processo.
Per crescere occorre aumentare gli investimenti, in particolare nel settore delle costruzioni che, in termini di spinta alla crescita, hanno avuto e hanno un ruolo importante, anche perché toccano 18 settori industriali con l’indotto. L’economia italiana non ha solo il motore delle esportazioni, né è quello che tira di più. Le costruzioni sono un motore ancora più efficace. Esse sono mosse dal credito, che è funzione pubblica indispensabile per l’economia e la società. Le banche devono perciò tornare a fare le banche, ossia le aziende di credito; magari sorrette da una diversa politica della Bce che, come dice l’economista Mario Baldassarri, metta su ogni suo atto di creazione monetaria nome e cognome di un destinatario produttivo e non serva solo a finanziare l’intermediazione o la speculazione. Gli Stati Uniti si sono ripresi quando la Fed ha acquistato i mortgage backed security (le cartelle fondiarie), rilanciando l’edilizia. II riavvio di questo settore in Italia richiede che al lungo periodo promesso di bassi tassi di interesse si accompagni un altrettanto lungo periodo di tassazione ferma. Anche senza ridurla, purché la legislazione si fermi per un congruo periodo consentendo una corretta gestione dei propri redditi senza penalizzare la necessaria domanda di consumi.
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Fonte: Milano Finanza - 18 febbraio 2014

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