• venerdì , 29 Marzo 2024

Cosi’ Letta e Moscovici uniranno le forze per battere il Fiscal Compact

Considerazioni a latere del tour europeo del premier Enrico Letta che ha anche incontrato Angela Merkel
La “neuro-economia” – che coniuga psicologia, psichiatria e “triste scienza” – è, almeno in Italia, disciplina poco conosciuta specialmente per quanto riguarda l’economia reale (se ne interessano – pour cause! – coloro che seguono Borsa e finanza). Uno degli aspetti della “neuro–economia” è lo studio dei comportamenti dei soggetti economici (anche e soprattutto di chi ha responsabilità politica) in base alle loro fisime (quali i colori delle cravatte).
Nel suo blitz europeo (Berlino, Parigi, Bruxelles), il presidente del Consiglio Enrico Letta dovrebbe cercare di osservare con attenzione la custodia dell’I-Phone del ministro francese dell’Economia e delle Finanze, Pierre Moscovici. Mentre Letta ha, per il suo cellulare, una custodia “normale” di quelle che si acquistano per una diecina di euro al massimo, Moscovici sfoggia un piccolo gioiello: una fodera su cui è ricamata l’effige di Léon Blum, il mitico leader del Front Populaire negli anni che precedettero la Seconda guerra mondiale.
Le due custodie dicono tutto: un “sobrio” ex-democristiano cresciuto all’insegna della parsimonia (e che detesta sfoggiare); un socialista che va a pranzo alla Brasserie Lipp, a cena alla Pérouse, non disdice champagne e caviale ma sempre pronto a “combattere” per una “bonne cause”. Tutto si sa dei buoni studi di Letta. Moscovici non gli è di meno: Science Po e Ena. Dal 1995 è anche segretario nazionale del Partito Socialista francese. Al pari di Letta è stato dal 1997 al 2002, Ministro agli Affari Europei. Pochi sanno che sino al 1984, il ben educato studente dell’Ena di progenie di buona borghesia romena e polacca, quando usciva dall’Ena toglieva il gessato grigio, indossava jeans, maglione e sciarpa rossa ed era uno dei leader più aggressiva della Lega dei Comunisti Rivoluzionari (tenuti da Mitterand fuori dalla porta). Qualcosa di quegli anni (oltre al fodero dell’I-Phone) gli è rimasto. Tanto quanto Letta è pacato, Moscovici è aggressivo.
Perché ce ne interessiamo in questi giorni – anche coloro come il vostro chroniqueur per i quali i pranzi da Lipp e le cene alla Pérouse sono un lontano ricordo? Ambedue stanno negoziando con Frau Merkel come meglio interpretare quel Fiscal Compact che Italia e Francia (con tanti altri) hanno sottoscritto. Ed utilizzano tattiche molto differenti.
Moscovici lo dice a tutto tondo: la Francia “socialista” è la quinta più grande economia a livello mondiale ed è la quarta (sempre a livello mondiale) in termini di indice di attrazione per gli investimenti stranieri; l’ortodossia “neo-liberista” dell’eurocrazia di Bruxelles è vecchiume riciclato dei tempi dei “compianti” Thatcher e Reagan; la Francia metterà in ordine previdenza, sanità ed aiuti alla famiglia ma il tetto dell’indebitamento delle pubbliche amministrazione al 3% del Pil non è che un “feticcio” tanto più che Thomas Herndon, Micheal Ash, e Robert Pollin della Università del Massachussetts a Ahmerst hanno mostrato che i calcoli di Carmen Reihart e Kenneth Rogoff (base delle missive del non-eletto Olli Rehn, Vice Presidente della Commissione Europea, ai Ministri dell’Economia e delle Finanze dell’eurozona). La “grandeur” della Francia trasuda da ogni poro. Uno stile, quindi, molto differente da quello di Enrico Letta.
Che congetture fare? Due approcci contrapposti (ma con il medesimo obiettivo, o con due obiettivi convergenti) possono essere efficaci nel giungere ad una nuova interpretazione del Fiscal Compact.

Fonte: Formiche del 1 maggio 2013

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